Laura ZanfriniL’IMMIGRAZIONE rappresenta il limite dello Stato nazionale che, per esistere, si è dotato dei criteri necessari per discriminare tra i nazionali e gli altri. Tuttavia, è proprio l’immigrazione, specie quando assume i caratteri di una presenza stabile e dà vita a nuove generazioni, a imporre un ampliamento della “comunità dei cittadini”. Così anche l’Italia, nonostante una legislazione anacronisticamente improntata al principio dellojus sanguinis - secondo il quale la cittadinanza si acquista automaticamente solo nascendo da genitori italiani - si trova sempre più spesso a confrontarsi con le istanze di naturalizzazione degli stranieri che dispongono dei requisiti stabiliti dalla legge. Ma, allora, chi e quanti sono questi nuovi “italiani”? Sono, in primo luogo, pochi, se si guarda agli oltre 5 milioni di stranieri residenti in Italia; ma sono molti, se si considera il ritmo attuale di crescita e come cresceranno nei prossimi anni.

Fino al 2004 le acquisizioni si aggiravano intorno alle 10mila ogni anno, dal 2005 in poi il loro numero ha iniziato a lievitare, per raggiungere quota 40.084 nel 2009 (ultimo dato disponibile). Inoltre, se nel passato la componente di gran lunga prevalente riguardava le concessioni per matrimonio con un cittadino italiano, nel 2009 per la prima volta, la maggioranza delle nuove acquisizioni (57,3%) è avvenuta per residenza: una tendenza destinata inevitabilmente a rafforzarsi, man mano che nuove coorti di immigrati matureranno un’anzianità migratoria ultradecennale (o ultraquinquennale, per chi proviene da un paese dell’Unione europea). In secondo luogo si tratta soprattutto di soggetti con una provenienza extra-Ue: l’appeal della cittadinanza italiana è molto meno forte tra quanti provengono da un paese dell’Unione che, nella loro qualità di cittadini europei, già dispongono di un ricco pacchetto di diritti. Tra i nuovi italiani, la maggioranza sono europei extra-Ue; seguono americani e africani e, a distanza, gli asiatici. I principali paesi di provenienza sono, nell’ordine, Albania, Marocco, Romania, Argentina, Perù, Tunisia, Brasile, Egitto, Polonia, Venezuela. Infine assai spesso l’acquisizione della cittadinanza italiana non comporta la rinuncia a quella d’origine, ma segna il passaggio allo status di titolare di doppia cittadinanza.

Il fenomeno, in forte espansione nello scenario internazionale, è causa e conseguenza a un tempo del transnazionalismo entro il quale si sviluppano le biografie dei migranti e dei loro discendenti: “cittadini di più patrie” che nel loro infrangere, in senso pratico e simbolico, i confini tra gli Stati, rappresentano una sorta d’archetipo di una società sempre più globale.