L’editore l’ha definito un long seller ed è in effetti giunto alla sua quinta edizione aggiornata il volume Speciale TG. La messa è finita. Forme e tecniche del giornalismo televisivo (edizioni Interlinea), a cura di Giorgio Simonelli, nato in Università Cattolica attraverso le ricerche scientifiche di un gruppo di studiosi della sede di Milano e le testimonianze di professionisti dell’informazione. A presentarlo, questa volta presso la sala Aldo Moro della Camera dei Deputati il 6 dicembre, oltre al curatore, Walter Veltroni, il direttore di Rai3 Antonio Di Bella e il primo direttore di Sky Tg24 Emilio Carelli. Tra gli auditori in sala molti giovani tra cui gli studenti del Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica, guidati dal professor Roberto Cicala.

Secondo l’ex sindaco di Roma, figlio del primo direttore del Telegiornale nazionale, questo volume è un’occasione per riflettere criticamente sulla tv: «Il Tg è come il Colosseo per Roma, qualcosa che resta immobile mentre tutto attorno cambia». Veltroni racconta quindi alcune pagine di storia del Tg: dai primissimi composti solo da una successione di servizi fino al 1968, quando al telegiornale delle 20 si aggiunge quelle delle 13.30 e cambiano i linguaggi più che i contenuti, soprattutto con l’introduzione fondamentale dei giornalisti in studio, le scrivanie, i collegamenti in diretta. Da qui fino alle grande figure che hanno cambiato il Tg, da Biagi a Emilio Rossi, direttore del Tg1, che subì un attentato da parte delle Brigate rosse. Pagine di storia raccontate con passione, come chi ha vissuto da molto vicino questi cambiamenti: «Oggi ci sono molti telegiornali però il Colosseo non c’è più, ci sono tanti piccoli monumenti. Siamo dentro un flusso ininterrotto e onnipresente di notizie. Non ci sono più orari, riti. Siamo in una fase di bulimia dell’informazione, ogni secondo c’è un’ultima ora che ha il linguaggio del catastrofismo. Tutto è molto rapido e il rischio è che anche il pensiero politico venga schiacciato dai tempi della notizia, rimanendo in superficie. La bulimia è questo: avere soddisfazione della fame ma non un’alimentazione sana». Parole che chiudono un intervento concluso in fretta perché nel frattempo la notizia in diretta è il rischio che il governo venga sfiduciato.

La parola passa a Carelli che esordisce: «La messa è quasi finita ed è stata sostituita da tanti piccoli riti quotidiani. È cambiata la fruizione delle notizie, perfino i video amatoriali in alcuni casi diventano materiale da telegiornale, pensiamo all’attentato alle due torri gemelle». Insieme al materiale cambia però anche la figura del giornalista e la proposta di Tg: «Sky Tg 24 è un canale all news, il giornalista deve avere consapevolezza dei nuovi mezzi tecnologici, saperli utilizzare, è cambiato anche il concetto di troupe. Oggi il giornalista tiene la telecamera e da solo può fare un servizio competitivo e ben redatto».

Secondo Di Bella per poter dare nuova linfa ai telegiornali piuttosto che ripetere notizie che fanno presto a diventare risapute bisogna ideare programmi di approfondimento capaci di catturare l’attenzione del pubblico: «Possiamo dire che “la casa brucia”, ma perché? Cosa si poteva fare per evitare che bruciasse? Ricapiterà? L’informazione in Tv non è morta ma deve evolversi». La messa quindi non è finita secondo il direttore di Rai3 anche se il rito del Tg non ha più la forza di un tempo. Di certo, come conclude Simonelli, «se i Tg sono brutti, ripetitivi, questi muoiono e se questo succede muore anche un pezzo di democrazia di questo Paese».