Ogni anno si verificano in Italia circa 40mila casi di traumi oculari, il 25% sono correlati alla pratica sportiva. Il 30% dei danni oculari causati da questi traumi avvengono in soggetti di età inferiore a 16 anni; in 9 casi su 10 questi danni sono prevenibili.

Gli sport considerati ad alto rischio per trauma oculare sono quelli che prevedono l’uso di palle, come calcio, basket e tennis e quelli che prevedono un combattimento tra gli atleti, come boxe e arti marziali . Non sfuggono a questa casistica sport spesso ritenuti “sicuri”per la salute degli occhi, come il golf (per traumi da pallina e, soprattutto, da mazza), o la pesca (lesioni da amo), ma che non in rari casi hanno bisogno di una valutazione oftalmologica.

L’utilizzo di protezioni individuali, come caschi realizzati in materiale resistente agli urti allo scopo di preservare il capo da impatti improvvisi e occhiali in policarbonato, potrebbero fortemente limitare le conseguenze di questi traumi talora con esito molto grave. Sono questi alcuni semplici ma efficaci consigli suggeriti da oftalmologi e medici dello sport che al tema “Traumi oculari e sport” hanno dedicato un seminario promosso dalla Scuola di Specializzazione di Medicina dello Sport del Policlinico Gemelli diretta da Paolo Zeppilli.

«Non tutte le discipline sportive sono gravate dallo stesso rischio di infortunio per traumi oculari - spiega Massimiliano Bianco, specialista del Centro di Medicina dello Sport del Policlinico Gemelli - certamente le più interessate sono quelle in cui è previsto un contatto tra gli atleti (compagni di squadra o avversari) specie se questo è intenzionale (sport da combattimento) e lì dove vengono utilizzati attrezzi di gioco come mazze, palle e guanti che per forma, dimensioni, compattezza e velocità possano andare a ledere l’apparato oculare. Non sono da sottovalutare – prosegue Bianco - neanche gli sport come il golf e la pesca (lesioni da amo). Il medico dello sport e l’oculista si trovano non raramente a condividere un percorso diagnostico ed un approccio terapeutico in persone che praticano sport. Oltre, infatti, alla necessità di un nulla osta oftalmologico previsto per alcune discipline sportive come l’automobilismo, il volo da diporto e il pugilato, al fine del rilascio del certificato di idoneità agonistica da parte del medico dello sport, l’apparato oculare può essere interessato da diverse problematiche negli sportivi».

Sebbene si possano riconoscere vere e proprie malattie “professionali” in atleti che praticano alcune discipline per anni (ad esempio a causa dell’esposizione a raggi UV negli sport che si svolgono in alta quota o dove c’è un’importante riflessione dei raggi solari), sono le problematiche traumatologiche a far la parte da leone. A seguito di una patologia oculare, inoltre, trattata farmacologicamente o, più spesso, chirurgicamente, è fondamentale la collaborazione tra oculista e medico dello sport per la sicura ripresa dell’agonismo da parte dell’atleta.

I traumi oculari

«I traumi oculari possono essere di tipo contusivo, penetrante, da radiazione o barotraumi - sottolinea Emilio Balestrazzi, direttore dell’Istituto di Oftalmologia dell’Università Cattolica di Roma - mentre quelli di tipo contusivo possono determinare una rapida compressione A-P e dilatazione nella metà del globo oculare con trasmissione della forza alle strutture oculari interne con alta incidenza di danni oculari occulti. E’ un meccanismo di valvola di pressione-rilascio che previene la rottura del globo. Impatti violenti, viceversa, esercitano una forza sul pavimento orbitario, che risulta in fratture delle ossa sottili, fratture blow- out, ossia che interessano solo l’orbita, contusioni orbitali e palpebrali, danno irideo, rottura del globo, iriditi traumatiche, emorragie sottocongiuntivali, ipoema traumatico (emorragia della camera interiore), emorragie retiniche, rotture coroideali, rotture retiniche e distacco di retina».

«I traumi penetranti - prosegue Balestrazzi - correlati allo sport sono relativamente meno comuni e possono avvenire a causa di proiettili o dalla rottura di occhiali da sole o di ami da pesca: vanno dalla lieve abrasione alle lacerazioni serie. I traumi da radiazione avvengono dopo esposizione alla luce UV durante lo sci, lo sci d’acqua ed altri sport acquatici. I barotraumi invece, sono legati all’utilizzo di aria compressa dei subacquei e causata da un impropria aderenza della maschera o da una scarsa tecnica sportiva. La protezione oculare ha ridotto il numero e la severità dei danni agli occhi. Esistono infatti occhiali protettivi specifici per alcuni sport a rischio (baseball, basketball, hockey, alpinismo ratchet). Gli occhiali in policarbonato hanno un’alta capacità di assorbimento dei raggi UV e sono 8 volte più resistenti rispetto ad altri materiali. I cosiddetti occhiali “comuni” invece danno una protezione inadeguata: hanno solo il 4-5% di resistenza all’impatto rispetto a quelli in policarbonato. Il ritorno al gioco dopo un danno oculare deve coincidere con l’idoneità dell’atleta all’attività sportiva che corrisponde ad una risoluzione del problema e un adeguato recupero visivo».

Il distacco di retina

«Il distacco di retina post-traumatico – spiega Andrea Stefano Scupola dell’Unità Operativa di Chirurgia vitreo retinica del Policlinico Gemelli - è una delle più gravi complicanze oculari in soggetti che praticano lo sport ed è una evenienza che si realizza secondariamente ad un trauma oculare di tipo contusivo. Gli effetti sul globo oculare dipendono essenzialmente dalla forza, direzione e sede dell’impatto con danni che interessano di solito le strutture oculari del segmento anteriore (cornea e congiuntiva) ma che in alcuni casi si ripercuotono sulle strutture oculari posteriori (tramite meccanismi di colpo e contraccolpo)».

«La prevenzione del distacco di retina  - prosegue Scupola - è uno degli obiettivi del medico sportivo e una delle ragioni principali di collaborazione con il medico oculista. La prevenzione prevede l’uso di lenti protettive negli sport in cui l’uso degli occhiali è possibile. Tuttavia una completa valutazione oculare alla ricerca dei fattori predisposti al distacco, rappresenta la forma migliore di prevenzione. Una visita oculista con l’esame biomicroscopico del fondo oculare dovrebbero quindi essere parte integrante di qualunque attività sportiva praticata sia a livello professionistico che amatoriale. Gli sport che prevedono un combattimento tra gli atleti, come la boxe e le arti marziali - prosegue Scupola - sono considerati ad altissimo rischio per un trauma oculare».

Il glaucoma e l’attività sportiva

Anche chi soffre di glaucoma può fare sport in sicurezza senza peggiorare la propria patologia, ma con alcune accortezze. «Il glaucoma – spiegano Tommaso Salgarello e Andrea Giudiceandrea, dell’Unità Operativa di Oculistica del Policlinico Gemelli - è una malattia classicamente definita dalla triade “ipertono oculare”, con conseguenti alterazioni caratteristiche della testa del nervo ottico e del campo visivo, anche se recentemente sono state individuate alcune varianti (a pressione normale, pre-perimetrico) che esulano in parte da tali elementi. E’ noto che sia l’esercizio dinamico che quello isometrico abbassano transitoriamente la IOP nell’immediato periodo post-esercizio. Il parametro più strettamente associato con tale riduzione della IOP è l’intensità dell’esercizio fisico, e questo effetto risulta ancora più evidente nei pazienti affetti da glaucoma. E’ anche largamente accettato che la buona forma fisica, dovuta ad un allenamento regolare di tipo aerobico nel tempo, conduce a livelli più bassi di IOP basale (prima dell’esercizio), anche se associati nell’immediato post-esercizio ad un calo transitorio minore rispetto al periodo pre-allenamento, ovvero in condizione di sedentarietà».

«Per quanto esposto - proseguono -  ad oggi le evidenze della letteratura internazionale indicano che l’esercizio fisico è, molto probabilmente, non nocivo in termini di IOP e non deve essere scoraggiato nei pazienti affetti da glaucoma. D’altra parte queste conclusioni non possono essere applicate a tutti i pazienti come, ad esempio giovani adulti con glaucoma avanzato che hanno sofferto la perdita temporanea della vista durante l’esercizio fisico, presumibilmente legata ad una “sottrazione” del flusso ematico dal distretto oculare; nei pazienti con glaucoma pigmentario che hanno esibito, in seguito ad esercizio fisico, un aumento della IOP a causa di un’aumentata dispersione di pigmento ed una conseguente ulteriore riduzione della capacità di drenaggio dell’umor acqueo da parte delle apposite strutture».

I«noltre - concludono Salgarello e Giudiceandrea -  ci sono alcuni sport caratterizzati da uno sforzo isometrico massimale come il sollevamento pesi, ed alcune posizioni particolari dello yoga, sono associate a notevole aumento della IOP per ridotto ritorno venoso a seguito di un effetto Valsalva. In tali situazioni, l’esercizio fisico potrebbe essere dannoso per la condizione glaucomatosa e quindi non dovrebbe essere raccomandato. Va segnalato inoltre che l’uso di occhiali da piscina, soprattutto di dimensioni ridotte ed in presenza di peculiari conformazioni anatomiche facciali, possono comportare un aumento transitorio della IOP per compressione diretta delle strutture orbitarie».