Le persone con ritardo mentale non possono essere escluse a priori dalle liste trapianto di organo. È quanto sostengono Nicola Panocchia e Maurizio Bossola del Servizio di Emodialisi del Policlinico “Agostino Gemelli”-Università Cattolica di Roma e Giacomo Vivanti, psicologo dell’Università della California, in un articolo pubblicato nel numero di aprile dell’American Journal of Transplantation.

L’articolo, dal significativo titolo Transplantation and Mental Retardation: What Is the Meaning of a Discrimination?, prende spunto dalle linee guida emanate dalla Regione Veneto per la valutazione psicologica in ambito di trapianto in cui si afferma che la presenza di ritardo mentale medio o severo è, rispettivamente, una controindicazione relativa o assoluta al trapianto d’organo.

Passando in rassegna la Costituzione Italiana, la Convenzione sui diritti della persone con disabilità delle Nazioni Unite e ratificata dal Parlamento italiano nel marzo 2009, le linee guida delle società nazionali e internazionali di trapianti d’organo, i risultati dei trapianti in persone con disabilità presenti in letteratura, gli autori dello studio affermano che non esiste un razionale per escludere dal trapianto le persone con disabilità intellettiva. Inoltre, il quoziente intellettivo, utilizzato come strumento per determinare la presenza e il grado di ritardo mentale, non è considerato dagli autori dello studio uno strumento idoneo.
“L’incapacità di migliorare la qualità di vita e la presunta scarsa aderenza alla terapia immunosoppressiva che metterebbe così a rischio la funzionalità dell’organo trapiantato – affermano i ricercatori della Cattolica Bossola e Panocchia -, sono le giustificazioni che vengono spesso addotte per negare il trapianto alle persone con disabilità mentale”. Gli autori evidenziano come queste giustificazioni non hanno basi solide e sono il frutto di un pregiudizio che ritiene la vita della persone con disabilità intellettiva di minor valore. “La presunta scarsa aderenza alla terapia immunosoppressiva delle persone con ritardo mentale, per esempio, non trova conferma nei dati della letteratura”, aggiungono Panocchia e Bossola.

Anche da un punto di vista etico i ricercatori non ritengano sia giustificabile a priori l’esclusione di questi pazienti dalla lista d’attesa per trapianti d’organo, sia per i trapianti salvavita, sia per i trapianti terapeutici.

“Ogni persona con disabilità intellettiva merita una valutazione individuale e non l’esclusione da una procedura salvavita in quanto appartenente a una categoria”, considerano i ricercatori della Cattolica. Secondo gli autori, l’esclusione dei pazienti con disabilità intellettiva dal trapianto non ha una giustificazione né clinica, né etica e né giuridica, quindi è il frutto di una discriminazione, tanto più grave se è perpetrata da un’istituzione pubblica.