È circa un mese che sono rientrata dall’esperienza di un internato di laboratorio presso l’Università di Malmö Hogskola in Svezia per il progetto Erasmus Placement, da marzo a giugno 2012, e solo ora sto realizzando i cambiamenti e i segni che questa mi ha lasciato.

Mai avrei immaginato di poter ricevere così tanto dalla mia adorata Svezia. È proprio così, dopo l’esperienza del Work Charity program nello scorso anno accademico mi sono erroneamente detta: “Beh, non vivrò mai più stati d’animo così!”

Certamente in parte; solo il Terzo Mondo ti apre gli occhi talmente tanto da riuscire a guardare oltre l’orizzonte, ma ogni esperienza nella vita è unica e incomparabile con le altre, non posso negare infatti che la Svezia mi abbia altrettanto aperto gli occhi sul futuro.

Spesso mi lascio coinvolgere dagli eventi che quotidianamente avvengono in Italia, ma da semplice studentessa ammetto di sentire la difficoltà che ci circonda nel trovare una stabilità e nel poter essere autosufficienti per iniziare a costruirci una vita da soli.

L’accoglienza di tutti i miei Mentor nei laboratori di Malmö e Lund University Hospital mi ha subito fatta sentire a casa, la frase che ho maggiormente sentito e che porto tutt’ora con me è stata : “Tutti i giovani sono il nostro futuro!”. Nessuno in questi tre mesi ha avuto paura di lasciarmi eseguire autonomamente test di laboratorio o di biologia molecolare sotto la propria responsabilità.
Se vi state chiedendo cosa è cambiato in me, la risposta è più semplice di quanto immaginassi!

Tre mesi sono bastati a donarmi consapevolezza di me, a regalarmi la voglia di mettermi in gioco sempre, ma ancor di più mi hanno fatto capire il vero senso del rispetto verso il prossimo e nel mondo del lavoro.

Soprattutto quando mi sono trovata sola all’inizio, in un paese sconosciuto, ho imparato a non aver paura delle difficoltà, ma semplicemente ad affrontarle! Che dire, il mal d’Erasmus si sente e fa soffrire un po’, i momenti che ho trascorso sono stati tutti magici!

foto di gruppoTrovarsi seduti su un prato e parlare con tante persone di paesi diversi, scoprire culture , usanze, abitudini, ma soprattutto comunicare con loro, non è magico?

La cosa più bella è l’amicizia che inevitabilmente si stringe, e reale è la consapevolezza che presto si è costretti a tornare alla realtà, e poco probabilmente un giorno rivedrai quel pezzo di famiglia con cui sei legato! Anche questo però fa parte della vita e serve e maturare i rapporti e l’approccio con il prossimo senza il quale a mio parere siamo smarriti, perché l’uomo è fatto per vivere insieme agli altri e chiedere aiuto in caso di bisogno!

Devo inoltre sottolineare che la reputazione della mia professione è qui diversa, la figura del tecnico di laboratorio biomedico in Svezia, che corrisponde a quella dello scienziato (Biomedical scientist) e non propriamente a quella del tecnico, ha un ambito lavorativo realmente ampio e capace di arricchire la persona di innumerevoli soddisfazioni; tutte le persone che ho conosciuto mi hanno dato l’impressione di essere non semplicemente contenti di avere un lavoro, bensì di stimarsi a vicenda, aiutarsi e sorridere in ogni fase della giornata affrontata con precisione e dedizione.

Mi hanno letteralmente aperto gli occhi e fatto capire che bisogna lottare duramente per raggiungere degli obiettivi.
Quindi chissà, magari davvero un giorno la Svezia potrà divenire la mia casa, perché adesso, ritengo che ogni posto nel mondo può diventare casa se vissuto un po’…

E qui concludo dicendo...

Grazie Svezia!

* 3° anno, corso di laurea in Tecniche di laboratorio biomedico, Università Cattolica di Roma