di Tiziana Corda *

Hyderabad 11 Am. Il magico Charminar all'orizzonte e nuvoloni che minacciano pioggia monsonica ci accolgono in India dopo un interminabile viaggio. Che non era finito. Dopo altre tre lunghe ore di transfer su strade polverose circondate da paesaggi rubati da un esotico libro d'avventura e villaggi che trasudano povertà estrema, eccoci a destinazione: Fathimanagar, comunità cristiana della città di Kazipet, nel distretto di Warangal. Un lungo viale alberato, popolato da scuole, centri medici e campi da cricket, con alla sua estremità l'accogliente comunità del Bala Vikasa, un'organizzazione non governativa che opera su tutto il territorio dell'Andhra Pradesh con il motto di aiutare la gente ad aiutarsi. Un impatto travolgente quello dell'India rurale, altro che Bollywood, il Taj Mahal e le ricche città turistiche del Rajasthan.

Altissima densità di popolazione, treni sovraffollati all'inverosimile ma forse più puntuali di certi nostrani, strade trafficate a ogni ora da moto strombazzanti che trasportano famiglie intere rigorosamente senza casco e dai celebri taxi apecar chiamati “auto” che zig-zagando tra corsie inesistenti rischiano sempre incredibili incidenti con le intoccabili mucche presenti in ogni dove. Punjabi sgargianti e saree eleganti indossati dalle splendide donne indiane hanno in seguito sopperito allo shock dovuto al cibo piccante e al caldo indomabile aumentato dai frequenti black out elettrici.

Ritornando al nostro Bala Vikasa, si sbagliava di grosso chi si aspettava giornate di ozio all'ombra dei verdi alberi tipici della residenza che ci ospitava. Pur non avendo esperienza diretta nel campo della cooperazione internazionale, abbiamo preso parte al corso di Community-Driven Development che Bala Vikasa organizza per membri di organizzazioni senza fini di lucro di ogni parte del mondo su tematiche che permettano uno sviluppo delle comunità rurali a partire dalle stesse comunità, con le ong che, pur partecipando finanziariamente, rimangono dietro le quinte. Lezioni tenute in lingua inglese, che spaziavano dal mondo della cooperazione, come quelle sulla responsabilità sociale d'impresa e lo sviluppo sostenibile, a sessioni di più ampio respiro, incentrate su principi applicabili anche nella sfera privata e non solo lavorativa: la capacità di apprezzarsi per ciò che si è, i segreti della neuro-linguistica, la risoluzione dei problemi a partire dai propri valori e punti di forza, il superamento della situazioni di conflitto.

A questa parte teorica gli organizzatori del corso hanno giustamente pensato di affiancare una parte pratica, consistente in visite e incontri organizzati presso le comunità di villaggi limitrofi che, grazie ai progetti di Bala Vikasa, hanno finalmente ottenuto vitali impianti di purificazione dell'acqua e programmi per il reinserimento in società delle vedove e per la valorizzazione degli orfani. Molto toccante a questo proposito è stata l'esperienza a contatto con ragazze orfane in visita alla nostra Ong: rendersi conto di condividere tanti gusti e passioni, essere tanto simili malgrado l'appartenenza a culture così diverse, eppure dietro ai loro splendidi occhi, curiosi di conoscere usi e costumi della nostra società occidentale, si nascondeva un triste passato, con padri deceduti per alcolismo e madri condannate al rogo per una incomprensibile tradizione aconfessionale.

Ciò che ha reso più avvincenti le ore trascorse sui banchi è stato lo splendido ambiente multiculturale che Bala Vikasa ci ha offerto. A partecipare al corso infatti vi erano esponenti di una decina di nazionalità diverse, ognuno portatore di esperienze e storie uniche da condividere con gli altri: studentesse canadesi promotrici di sciroppo d'acero, africani statuari provenienti dalla Liberia, dal Ghana e dall'Etiopia appassionati di musica e abili cacciatori di topi che giocavano a nascondino con le nostre valigie, affettuosi padri di famiglia dallo Sri Lanka, suore super attive giunte da remote province indiane, generosi amici dal Bangladesh, un'abile ballerina dal Tajikistan, ragazzi silenziosi dal Nepal, pacificissimi afghani desiderosi di farci conoscere il vero Afghanistan. Pur consapevoli che tutto questo avrebbe reso più difficile il momento dei saluti finali, è stato grazie alle serate e alle gite fuori porta trascorse insieme a loro che abbiamo conosciuto danze, cibi, canzoni, abbigliamento e altre peculiarità delle loro culture. Questo ha alimentato la nostra passione per il viaggio e per la conoscenza di realtà diverse, e ha senza dubbio favorito la creazione di una vera e propria "famiglia", come il personale del Bala Vikasa ama chiamare tutti coloro che vivono un'esperienza indimenticabile presso i suoi centri.

Avendo toccato con mano la povertà che affligge il popolo indiano, crediamo fermamente nei principi che Bala Vikasa diffonde con i suoi progetti attivi sul territorio dell'Andhra Pradesh. Alla fine di questa esperienza ci ritroviamo cambiati. La dura realtà dell'India, un tempo metà di grandi pensatori desiderosi di trascorrere lì periodi per meditare, avvicinarsi a filosofie orientali o semplicemente nutrire la mente con la sua cultura, e oggi tristemente culla di due terzi della povertà estrema globale, ha lasciato un solco, ma grazie a Ong come Bala Vikasa una scintilla di speranza e di cambiamento c'è. È un dovere e un piacere rimanere aggiornati sui suoi progetti e contribuirvi grazie ai contatti con il suo fantastico staff. Sarebbe stupendo un giorno ritornarci e testimoniare una realtà nuova e migliore. Ci accontentiamo però che tanti altri studenti come noi abbiamo la possibilità di entrare in questa grande famiglia e aprire gli occhi su ciò che è la vita vera.

Vandanalu, Bala Vikasa, grazie.

* 21 anni, di Saronno, terzo anno della laurea triennale in Lingue per le Relazioni internazionali, sede di Milano