di Federica Rollo*

All’aeroporto di Macapà, capitale dello stato dell’Amapà, nella zona centro settentrionale dell’America Latina, ci aspettavano Suor Veronica e Suor Clara: l’atmosfera calda e familiare del piccolo aeroporto ci ha fatto subito sentire a casa. Le suore che ci hanno ospitato per poco meno di un mese abitano in una zona periferica della città, vicino al Rio delle Amazzoni. La strada da percorrere dall’aeroporto fino a casa mostra una città che, nonostante fattezze un po’ diverse da quelle cui siamo abituati, non ha nulla da invidiare alle metropoli occidentali; ma allontanandosi dal centro l’aspetto del paesaggio inizia a cambiare: strade non asfaltate e piuttosto malconce, tombini scoperti agli angoli delle vie, botteghini di alimentari "arrangiati"…
I più poveri vivono in palafitte in legno sopra fogne a cielo aperto e lavorano saltuariamente. I bambini molto spesso abbandonano la scuola dell’obbligo anche se alcuni (pochi per la verità) la riprendono anni dopo trovandosi privi di prospettive. In alcuni casi il Comune mette a disposizione quello che chiamano “Rinforzo scolastico” per i bambini con famiglie “a rischio”; un piccolo edificio, quello che abbiamo visto noi, con due aule per svolgere i compiti assegnati a scuola e un ampio cortile per le attività ricreative.

L'attività del Pime consiste nella catechesi ed evangelizzazione della popolazione e mira a proporre un modello di vita alternativo a quello della droga e della prostituzione; Suor Veronica, ex-assistente sociale, accoglie tutte le domande che le molte persone in stato di bisogno le presentano. Spesso le capita di offrire un pasto, dei vestiti, ma a chi è in condizioni di poter lavorare procura attrezzi di lavoro per cavarsela da sè. Non è così difficile lì, trovare un lavoretto temporaneo, tanti si procurano un carretto, un botteghino e vendono spiedini o frutta oppure c'è chi raccoglie lattine e poi le vende. Con Suor Veronica abbiamo ricevuto i genitori dei bambini adottati a distanza che avrebbero beneficiato dell’aiuto economico delle famiglie italiane; si tratta di situazioni non solo di povertà quanto di disagio psicologico-affettivo legato, talvolta, all’assenza di stabilità familiare e di modelli genitoriali forti.

L'impressione che abbiamo avuto, nelle numerose occasioni di confronto con la gente del posto, è di una filosofia di vita del "Qui e ora", "Oggi mangio, domani si vedrà". I servizi sociali, che pure abbiamo visitato, erogano benefici previsti per i più indigenti, ma non tutti ne beneficiano perchè già ne hanno usufruito o perchè per ignoranza non vi si rivolgono. In occasione della visita al carcere, i detenuti del reparto psichiatrico (evidentemente nessun Basaglia è ancora intervenuto in Brasile...),esclusi dal beneficio delle due ore d’aria, ci hanno dimostrato la gioia per la nostra visita regalandoci i loro splendidi manufatti. Dopo un breve giro tra i vari spazi del complesso carcerario, e in alcune delle celle piccole e affollate, abbiamo partecipato alla messa settimanale con i detenuti. Assieme a una ragazza con cui abbiamo stretto amicizia durante una gita al fiume con le suore, abbiamo visitato l'ospedale pediatrico, un edificio caotico e tragicamente povero di spazio e di personale e assistito a una lezione all'università unendoci poi alla gita organizzata dalla parrocchia in occasione della festa dell’Annunciazione.

In un’altra città, Vitoria do Jari, raggiungibile solo attraversando la foresta, ospiti di Suor Agnese e Suor Celeste per pochi giorni, abbiamo assistito alla “pesa” dei bambini poveri delle famiglie delle zone interne. Sono talmente denutriti che, in mancanza di risorse istituzionali, possono contare solo sulla “Pastorale dell’infanzia”, un progetto di sostegno e catechesi portato avanti dalle suore. Con altri padri del Pime abbiamo potuto visitare anche diverse comunità insediate nell'interno della foresta. Ovunque ci hanno accolto con estremo calore: alcune se la cavano con la pesca, lavoretti di artigianato, produzione di carbone altre sono davvero molto povere e sono tenute sotto scacco dalle potenti imprese perché la polizia è corrotta e il tribunale molto distante. Lì alcuni missionari operano per favorire una coscientizzazione dei diritti delle persone, ma la strada verso il cambiamento è molto lunga e piena di ostacoli.

* 22 anni, studentessa di Scienze del servizio sociale alla facoltà di Sociologia, Milano