Voi che leggete non potete sentire la musica che ascolto mentre scrivo … ovviamente è musica francese. Diciamo che è un tentativo di calarmi ancora una volta nella magica atmosfera parigina per cercare di descrivere i tre mesi che vi ho trascorso grazie al programma Erasmus.

Ho lavorato nel reparto di odontoiatria dell’ospedale Albert Chenevier di Creteil dell’Università Paris Descartes di Parigi da marzo a giugno 2012. Il tirocinio mi ha dato innanzitutto la possibilità di apprendere moltissimo grazie ai professori e ai tutor sempre molto disponibili e alla organizzazione efficiente dell’ospedale. In particolare la gestione dei pazienti era basata sul sistema dell’«agenda», cioè di un pool di pazienti affidati personalmente a ogni studente: in questo modo ognuno di noi ha la possibilità di responsabilizzarsi e di lavorare con continuità su ciascun caso e soprattutto di imparare a gestire il lato umano del rapporto medico-paziente, non solo quello prettamente professionale. Il confronto con gli altri studenti, francesi e non, ha rappresentato un altro stimolo fondamentale: presto saremo chiamati a confrontarci giornalmente con i giovani professionisti europei, è ora di prenderne atto.

Altra affascinante esperienza è stata quella di partecipare alle lezioni di dissezione su cadavere che gli studenti dell’Università René Descartes seguono annualmente. Per me era la prima volta ed è stato molto interessante nonostante sia rimasta totalmente a digiuno il primo giorno del corso…

Oltre all’importanza dal punto di vista accademico, questa esperienza ha avuto anche il merito di avermi fatto respirare una ventata di internazionalità. Lo devo in particolare alla Cité Internationale Universitaire de Paris (Ciup) dove abitavo: si tratta di un campus universitario che accoglie più di 6mila studenti provenienti da tutte le parti del mondo. Il clima internazionale era esaltato e favorito dall’incredibile offerta formativa della Ciup: vernissages, eventi sportivi, musicali, gruppi di studio e ateliers di conversazione (in inglese, francese, cinese, spagnolo, hindi, giapponese…). Le serate più belle le ho trascorse sui prati della “Cité U” in pic-nic che concentravano in pochi metri quadrati Italia, Francia, Germania, Marocco, Tunisia, Argentina, Ungheria, Usa, India, Brasile, Spagna, Madagascar.

Prima di partire ero un po’ scettica, francamente spaventata, non ero sicura che ne valesse la pena, in più la partenza sembrava così lontana, quasi irreale, mi sembrava che quel momento in realtà non sarebbe mai arrivato. Alla fine sono partita davvero ed è stato tutto così rapido, così veloce che i primi giorni mi sentivo stordita. Poi è iniziata l’avventura: un’esperienza fantastica che in soli tre mesi mi ha ridato la grinta e l’entusiasmo che avevo un po’ perso nel corso degli ultimi semestri. Parigi ha aperto i miei orizzonti, potenzialità che sono sempre state lì a portata di mano ma di cui io non mi ero mai resa conto: lasciare la mia realtà, il mio bozzolo di piccole certezze e abitudini mi ha fatto respirare, mi ha fatto guardare il mondo con un altro spirito.

Vedere un’altra università, vedere un altro modo di vivere la facoltà, un futuro diverso e un diverso modo di costruirlo, un altro modo di fare amicizia, essere cittadini del mondo, a volte avere la sensazione di rimanere schiacciati da questa consapevolezza, ma poi sorridere e sentirsi ancora più vivi: ecco cosa mi ha lasciato Parigi. E cosa riporto qui a Roma? Come cerco di concretizzare tutte queste incredibili emozioni? Ho tanta voglia di vivere la mia città, di vivere la capitale e la mia università perché in fin dei conti i nostri orizzonti, le opportunità stanno sempre lì, davanti a noi. Occorre solo sapersi guardare intorno e non credere a tutti quelli che ci vorrebbero inchiodati alla routine o al disfattismo cronico.

 

* Quinto anno di Odontoiatria, Università Cattolica, sede di Roma