Guadalajara, tienes el alma mas mexicana! Termina così la canzone Guadalajara di Vicente Fernandez, che è quasi l’inno della città. Decanta il posto con l’anima più messicana del Paese centramericano. La prima volta che ho ascoltato questa canzone ero sul taxi che dall’aeroporto mi portava verso casa, nelle primissime ore del mio intercambio messicano. Guardando fuori dal finestrino, non ho visto la città rurale e poco avanzata che un europeo al primo viaggio in Messico potrebbe aspettarsi, bensì una metropoli sterminata piena di luci e cartelloni pubblicitari in stile Piccadilly Circus. Quando ho visto il ponte Matute Remus illuminato cambiare di colore mentre ci passavo attraverso e il grattacielo Riu torreggiare gigantesco proprio sopra la mia testa mi pareva di essere ancora ad Atlanta. Poi però il taxista con un accento messicano mi ha detto “hemos llegado”, lasciandomi all’inizio di cinque mesi indimenticabili.

Inizialmente non parlavo una parola di spagnolo ma la lingua non è quasi mai stata un problema un po’ per la facilità con cui si impara e un po’ per lo spirito dei messicani che mi aiutavano con ogni mezzo per farmi e farsi comprendere. Erano sempre pronti a darmi una mano, che fosse dall’aiuto nella “tarea”, i compiti, della università, al passaggio in macchina per le strade di Guadalajara. Che popolo quello messicano! Orgoglioso delle proprie tradizioni ma allo stesso tempo privo di pregiudizi. Devo moltissimo alla gente che ho conosciuto a Guadalajara perché da un punto di vista didattico mi hanno regalato la loro lingua e da un punto di vista umano mi hanno mostrato come si accoglie e si fa sentire a casa una persona che arriva dall’altra parte del mondo. Ho conosciuto e amato la loro cultura dai balli e i canti dei rumorosi mariachi alla “Fiesta de la independencia mexicana” nella notte del 16 di settembre, in cui nelle strade bagnate dal tequila si leva all’unisono “El grito”: “¡Viva Mexico!”.

Le prime settimane di ambientamento nella città non sono state molto facili. Ho avuto problemi specialmente con il cibo: fajitas, burritos, quesadillas avevano un gusto fenomenale ma sono un po’ “pesanti” per noi europei e così ho capito che cosa intendevano i conquistadores spagnoli quando coniarono il termine “Maldición de Moctezuma”. Inoltre gli studenti della Universidad Panamericana, che ha ospitato il mio Overseas, sono tenuti a essere molto mattinieri e quasi tutti i miei corsi incominciavano alle sette del mattino. Verso la metà del secondo mese ho iniziato a muovermi per il Messico con gli altri amici dell’intercambio. Abbiamo visitato tutta la costa sud-ovest spingendoci fino al Guatemala attraverso località fantastiche come Palenque o San Cristobal. Ho visto paesaggi mozzafiato, tramonti sul mare e nelle città rurali degli indios, il Messico offre tutto quello che si possa immaginare dal punto di vista naturale, dai mari ai deserti, dalle giungle alle montagne!

Mi mancherà moltissimo andare in giro tutto il giorno in maglietta e pantaloncini o prendere il sole sul tetto di casa a dicembre mentre mamma chiama dall’Italia e dice che a casa nevica. Più di tutto, però, mi mancheranno i ragazzi che ho conosciuto e con cui ho condiviso questa esperienza, perché quando hai vent’anni e sei in un altro continente non importa che tu sia francese, italiano, australiano o tedesco, quello che conta è la voglia che hai di scoprire e imparare da ciò che ti circonda e dalle persone che ti sono vicine. Nel mio intercambio a Guadalajara ho scoperto “El alma mas mexicana” nei luoghi che ho visitato e nelle persone che ho conosciuto, e piano piano ho capito di essermene innamorato.

* 23 anni, di Ravenna, Laurea magistrale in giurisprudenza, quinto anno di corso