di Erica Maria Viganò *

Erica Viganò, a sinistra, con gli amici cinesiChi, come me, studia lingue da molti anni lo sa: la lingua è imprescindibilmente legata alla cultura, non si può studiare l'una senza conoscere l'altra. E il modo migliore per conoscere una cultura è viverla sulla propria pelle. Con questo ragionamento in testa e una gran voglia di avventura nel cuore, ho deciso di partire alla scoperta di quella Cina che mi sembrava così lontana, così misteriosa, così irraggiungibile. Chi l'avrebbe mai detto che quella iniziata come una semplice curiosità si sarebbe trasformata nella mia più grande passione?

L'approccio con questo Paese delle Meraviglie è stato abbastanza graduale. Il mio primo viaggio a Pechino, nell'estate del 2008, è durato un mese soltanto, e l'impatto è stato decisamente attenuato dalla numerosa compagnia italiana, che nel bene e nel male ti fa sempre sentire un po' a casa. Da bravi turisti abbiamo visitato la Città Proibita e il Tempio del Cielo, scalato la Grande Muraglia e fatto innumerevoli foto in Piazza Tian'AnMen. E così, tra lezioni di lingua alla BeiWai, spaghetti di soia e visite della città, il tempo è volato, ma dopo questa prima brevissima esperienza mi ero già ripromessa di tornare al più presto in quella città ancora tutta da scoprire.

Rientrata in Italia, a un anno di distanza il mio chiodo fisso rimaneva la Cina. L'occasione per ripartire si è ripresentata quando, tramite l'ufficio Relazioni Internazionali, sono riuscita a ottenere una borsa di studio che offriva la possibilità di trascorrere un periodo all'estero finalizzato alla stesura della la tesi di laurea. Ho colto l'opportunità al volo e in un attimo mi sono ritrovata di nuovo in aeroporto: davanti a me un intero semestre a Pechino, in cui avrei raccolto il materiale di cui avevo bisogno per scrivere la mia tesi triennale e in cui, allo stesso tempo, avrei frequentato un corso intensivo di lingua alla Blcu.

Erica Viganò con altri amici cinesiQuesto è stato senza dubbio il periodo più bello e indimenticabile della mia vita.  Oltre a essere riuscita a perfezionare la mia tesi e, naturalmente, a migliorare il mio cinese, ho avuto la grandissima occasione di vivere in un campus internazionale, di confrontarmi con studenti provenienti da tutto il mondo e accomunati dalla stessa passione, di conoscere persone splendide e di condividere con loro esperienze davvero uniche. Ho scoperto un mondo totalmente diverso da quello che mi aspettavo, un popolo sorprendentemente accogliente, disponibile, curioso dell'altro e ricco della propria semplicità. Ma soprattutto ho imparato a guardare il mondo con occhi diversi, a mettermi in gioco, a non dare niente per scontato, a capovolgere il mio punto di vista. All'improvviso mi sono resa conto che quelle piccole e grandi stranezze che spesso mi facevano sorridere stavano ormai diventando anche per me abitudini quotidiane. E ho iniziato a comprendere quella mentalità che inizialmente sembrava così lontana dalla nostra ma che, poco alla volta, senza neanche rendermene conto, stava entrando a far parte di me. Tornata a casa ho provato una sensazione stranissima, mi sentivo disorientata, fuori posto: e in quel momento mi sono resa conto che una parte di me sarebbe sempre rimasta là, in quel paese di cui mi ero irrimediabilmente innamorata.

Dopo la laurea, sempre tramite le Relazioni Internazionali, ho avuto l'opportunità di poter tornare in Cina per uno stage di due mesi presso la scuola Ef di Pechino. Ancora una volta questa città mi ha dato moltissimo: l'esperienza impagabile di vivere con una famiglia cinese e condividerne le abitudini quotidiane, la fortuna di lavorare con professori pieni di entusiasmo, la possibilità di mettere in pratica le mie conoscenze, ma soprattutto, occupandomi delle escursioni e delle attività degli studenti stranieri, la soddisfazione di aver trasmesso a tanti ragazzi la mia grande passione per la Cina. Se ripenso a queste esperienze, posso dire che la Cina mi ha davvero cambiato la vita. E quando cerco di immaginare il mio futuro non posso fare a meno di vedermi ancora lì, in quella Pechino ricca di tradizioni, di contrasti, di speranze, di fascino. Proprio come scriveva Steinbeck: «Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone».

* 23 anni, di Limido Comasco, neo-laureata in Scienze linguistiche