Valeria Ducatelli (con la maglia verde) insieme a padre Dino Dusin, donne e bimbi della missione e le amiche Ilaria Caelli e Alessandra StellaL’ho sentito dire da molti dopo esperienze come queste: è molto più quello che ricevi di quello che dai. E io l’ho sperimentato nella mia Mission Exposure in Costa D’Avorio. Un mese in “terra di missione”, come si dice, con altre due mie compagne di studi, Alessandra e Ilaria. A Buakè abbiamo potuto osservare e contribuire a un intervento psico-sociale, rivolto a ragazze e bambine con gravi problemi familiari e personali, portato avanti da un missionario del Pime e da un gruppo di suore della Provvidenza. La loro azione risponde al bisogno di sostegno e di accompagnamento sociale, psicologico e umano di molte bambine e ragazze. Lo spazio del progetto è il Centre Providence, dove le circa sessanta ragazze accolte hanno la possibilità di avere un minimo di scolarizzazione, del tempo per imparare dei semplici lavori manuali e uno spazio di confronto dove insieme, con più o meno difficoltà, si scoprono bisognose di attenzioni e cure, che per i più diversi motivi sono state loro negate. E imparano ad assumersi le proprie responsabilità, forti del fatto che in qualsiasi momento non mancherà loro il supporto dell'équipè del Centro.

Vivere un mese a stretto contatto con questa realtà ha suscitato pensieri forti per me, come persona e come “potenziale” psicologa. Buakè, oltre a offrirmi uno spaccato sulla realtà della “missione”, m’ha consentito di misurarmi con me stessa e in relazione agli altri. Come studentessa di psicologia ho imparato ad ascoltare e a non trarre facili conclusioni, sopratutto quando ci si trova in un luogo così culturalmente diverso dal proprio. Ho imparato anche quanto sia importante promuovere il lavoro di squadra e avere uno sguardo che va oltre le proprie competenze per affidarsi a quelle altrui. È ineguagliabile un lavoro che ti chiede di confrontarti con l'umano che c'è in te e negli altri e che quindi ti fa “prossimo” e compartecipe del loro vissuto.

Come persona posso dire che questa esperienza è stata un tassello importante nel mio cammino di crescita: le persone incontrate, nella loro semplicità, mi hanno educato al valore dell'accoglienza, dello spendersi senza riserve, dell'amore incondizionato e senza pregiudizio. Il missionario che ci ha accolto e accompagnato in questa esperienza, padre Dino Dussin, con il suo carisma mi ha fatto riscoprire la libertà di essere se stessi in qualsiasi circostanza, anche lontano da casa, dalle proprie abitudini e credenze.

Sicuramente quello che ho provato io è diverso da ciò che hanno vissuto gli studenti che come me hanno deciso di intraprendere il cammino Mission Exposure e di partire. L'unicità del vissuto di ognuno di noi non è dovuta alle diverse destinazioni e progetti che abbiamo seguito, ma al fatto che una componente essenziale che richiede un'esperienza di missione è il portare se stessi con le proprio idee e il proprio vissuto. Questo è stato ciò che ci ha permesso di vivere un'esperienza fatta su misura per noi e ci ha dato la possibilità di avere un tempo e un luogo dove crescere professionalmente e umanamente.

* 23 anni, di Parabiago (MI), secondo anno della magistrale in Psicologia Clinica: relazioni familiari e interventi di comunità