di Chiara Arsieni *

Penultimo anno di università. Affiora un po' di stanchezza. E la sensazione che una parte di me non avesse ancora trovato il suo posto del mondo. Mi è sempre piaciuto leggere e sono sempre stata curiosa. Dopo un viaggio a Porto per trovare un amico in Erasmus, ho capito che avevo bisogno di una svolta. «Provo a fare richiesta per partire», mi son detta. «Questo sarà il mio ultimo semestre universitario, se non mi prenderanno vuol dire che non è destino».

E a luglio è arrivata la mail che mi confermava di essere stata selezionata per Valladolid. Non sapevo neanche con esattezza in quale zona della Spagna fosse, ma volevo partire. Ma mi ha subito colpito la naturalezza nel vivere i sentimenti, l'amicizia semplice, che non conosce timidezza. Ho incontrato persone meravigliose, di paesi diversi, culture diverse, con cui ho condiviso gioie, divertimenti, malinconie.

L'Erasmus ti porta al nucleo delle cose. Ti permette di andare oltre tutte le convenzioni sociali, le forme, gli orpelli, tutto ciò che adorna inutilmente i sentimenti. Non ho conosciuto solo la Spagna, ma ho conosciuto il mondo con gli occhi dei miei amici. Ho conosciuto le feste del Brasile con Marina, i giardini di Monet con Thibault, la Parigi con gli occhi di Christian, Braganza con Claudia. E ho scoperto un po' di me stessa con lo sguardo degli altri. Come guardare un meraviglioso paesaggio, talmente pazzesco da non riuscire a contenere dentro di te tutta la sua bellezza. Con l'Erasmus inizi cominci a cogliere le mille sfaccettature di te e, se non riesci a contarne il numero, a guardarle in faccia, a chiamarle per nome, questa loro presenza, prima nascosta, ti rende tanto felice.

Cinque mesi di un'intensità esplosiva. Torni con una voglia pazzesca di ripartire, di mordere il mondo, di spremerlo fino al midollo. Di Valladolid mi manca passeggiare con il sole vicino alla chiesa di San Pablo e guardare i bambini che giocano saltando le mattonelle una-sì-una-no. Mi mancano i sorrisi della cassiera del supermercato, i discorsi con la vecchietta vicina di casa, mi manca andare a salutare Enrico al Sotabanco, mi mancano le tapas al Tres bellotas, mi mancano i miei amici. Ma l'amicizia, quella vera, quella forte, resta. Come insegna Cervantes: «Amistades que son ciertas nadie las puede turbar». E io aggiungo: «Nemmeno la lontananza».

* 24 anni, di Cellino San Marco (Br), è iscritta al secondo anno della laurea magistrale in Gestione d'azienda, facoltà di Economia e Giurisprudenza, sede di Piacenza