di Elisa Baiguini *

Candide vie e bambini che giocano a palle di neve: questo il paesaggio che accoglie i visitatori nella Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum dal 10 Ottobre 2011 al 1° Gennaio 2012, ai quali viene proposto un viaggio silenzioso e fiabesco tra casupole innevate e bianche colline, insieme ai pattinatori di Bruegel e agli umili carri di Valckenborch. Dietro alla quiete rilassante della mostra “Winter Maerchen” si celano però intense ore di lavoro, di ricerca frenetica e di studio approfondito delle opere. È strano come il turista medio, a bocca aperta davanti al Bruegel in Sala XIV, non pensi ai telefoni che squillano, a pacchi ed e-mail che vanno e vengono e a quante persone bussino all’ufficio della direttrice al fine di esporre quel singolo quadro. Non ci pensavo nemmeno io, prima dello stage a Vienna. Proprio durante questi tre mesi sono venuta a conoscenza delle dinamiche per la preparazione delle mostre; infatti, grazie a questa proposta formativa dell’Università Cattolica, mi è stata data l’opportunità di collaborare attivamente all’organizzazione non solo di “Winter Maerchen”, ma anche del progetto su Tiziano destinato a San Francisco.

Sono stata affidata alla dottoressa Sylvia Ferino-Padgen, direttrice della Pinacoteca, donna incredibilmente carismatica, la quale, venuta a conoscenza delle mie due grandi passioni, ovverosia le lingue e la storia dell’arte, mi ha dato subito mansioni che potessero valorizzarle. Così, oltre alle traduzioni dal tedesco all’italiano e alla corrispondenza in tedesco e inglese, ho svolto anche compiti più pratici, come il controllo delle sale espositive della Pinacoteca e, durante quelle ore di lavoro, mi sono innamorata di Rubens e Duerer, ma, soprattutto, di Tiziano, Parmigianino, Lotto, Tintoretto, Raffaello, Caravaggio, Saraceni, Veronese e chi più ne ha più ne metta: sono infatti gli Italiani il cavallo di battaglia del KHM. Insomma, con quest’esperienza ho potuto veramente toccare con mano alcune delle opere più conosciute degli artisti più famosi del mondo; e “toccare con mano” non è solo un’espressione gratuita: insieme ad altri stagisti austriaci e polacchi, infatti, ho anche letteralmente trasportato e collocato dipinti per la preparazione di un nuovo, grande progetto della Pinacoteca: riaprire le Sale superiori al pubblico.

Elisa Baiguini durante il suo stage al Kunsthistorisches Museum di ViennaNella Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum non ci si annoia mai. Nemmeno in ufficio, dove le dottoresse Wencke Deiters, Francesca Del Torre e Gerlinde Gruberg mi hanno spiegato, passo dopo passo, la metodologia della ricerca scientifica applicata al campo museale. Il lavoro dietro alla stesura dei testi scientifici è incredibilmente interessante, ma anche seriamente impegnativo. La pausa pranzo era quindi, ogni giorno, un momento sacro, durante il quale, davanti a un paio di invitanti “Frankfurter” (tipici Wurst austriaci, che a Francoforte vengono chiamati “Wiener” e a Vienna “Frankfurter”) nel Museumsquartier si rideva e si scherzava. È proprio durante questi momenti che mi sono stati presentati molti altri collaboratori del museo, tra i quali anche una ex-stagista tedesca, che incontra le curatrici regolarmente ogni due settimane. Come spero di fare anch’io.

Al contempo spero di tenere vive anche le amicizie che ho stretto con i ragazzi del collegio Edith Stein, dove ero alloggiata. Ogni giorno, dopo la Santa Messa alle 19, c’era sempre qualcosa da fare insieme: il Festival del Film presso il Rathaus, la fiera dei contadini con i prodotti tipici austriaci, i concerti nella Peterskirche o in Duomo. E per ascoltare della buona musica gratuitamente non ci si doveva sforzare più di tanto: assorbiti dallo shopping viennese, i miei nuovi amici e io, non dovevamo far altro che fermarci tra un negozio e l’altro per ascoltare Bach, Mozart, Haydn, ma anche una “Nothing else matters” dei Metallica suonato alla Beethoven. I ragazzi tedeschi, salisburghesi e ungheresi con cui passavo le mie serate mi hanno introdotta ai loro gusti musicali, alle loro culture e tradizioni. Abbiamo suonato insieme in collegio e improvvisato un concerto alla Haus der Musik (Casa della Musica). Sono rimasta piacevolmente colpita dal fatto che Mozart rimanesse, indiscutibilmente, il collante che riusciva a mettere d’accordo le nostre mille opinioni contrastanti. Vienna sa bene quanto il suo genio sia ancora vivo nei cuori della gente e non manca di ricordarlo: in ogni angolo risuonavano ad ogni ora della giornata le note di Eine kleine Nachtmusik, interpretata da violini, fischiettata dai passanti o – e ciò mi ha lasciato a bocca aperta – riprodotta su pentole, bottiglie della Coca Cola e di Cognac.

Lo stage a Vienna mi ha arricchita sotto ogni punto di vista. Ha nutrito la mente, catapultandomi nel mondo del lavoro, insegnandomi le dinamiche d’ufficio e i segreti del “dietro le quinte” della gestione di un museo. Ma ha nutrito anche e soprattutto il cuore: ho potuto infatti coordinare armoniosamente le mie tre più grandi passioni: le lingue, l’arte e la musica.

* 21 anni di Costavolpino (Bg), primo anno della laurea magistrale in Lingue letterature e culture straniere, facoltà di Scienze linguistiche, sede di Brescia