Un contributo di idee concrete per la formazione dei rappresentanti e la realizzazione dei luoghi di culto delle comunità islamiche italiane. È il compito che si è dato il professore di islamistica della Cattolica Paolo Branca, invitato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni a far parte del nuovo “Comitato dell’islam italiano”. La task force di 19 esperti, di cui 10 italiani, dovrà proporre al ministro soluzioni adeguate a risolvere i problemi quotidiani dovuti alla convivenza con l’islam.

Dopo la prima riunione costitutiva del 10 febbraio a Roma, Paolo Branca ha indicato due priorità da affrontare. La prima riguarda la formazione soprattutto dei giovani e delle donne portavoci o responsabili che lavorano all’interno di comunità islamiche ma anche in rapporto con il contesto sociale italiano. «Infatti - spiega il professore - chi ha posti di responsabilità e leadership all’interno di Onlus a carattere religioso o culturale dovrebbe essere educato da buon cittadino, conoscere il diritto, a comportarsi bene con le istituzioni e a comunicare in modo efficace con i media». Il secondo provvedimento riguarda i luoghi di culto: «Bisogna fare in modo – afferma Branca - che le moschee non trovino posto all’interno di scantinati o garage sporchi e inospitali. Inoltre non è detto che debbano essere lontane da altri luoghi di culto, con i quali possono al contrario sviluppare sinergie e collaborazioni».

L’esperto esclude la necessità di istituire l’obbligo di predica in italiano, di un albo per gli imam e del divieto di indossare velo nei luoghi pubblici: «L’integrazione è più avanti di quello che pensiamo – sottolinea l’islamista -. Migliaia di giovani concordano nuovi modelli di vita sociale con i loro padri in un incessante lavoro quotidiano che non può essere cancellato da casi sporadici come quello di Hina o Sanaa. Nella stessa Università Cattolica studiano ragazzi di differenti religioni».

Infine una raccomandazione con uno sguardo all’attualità: «Episodi come i disordini di via Padova a Milano non devono farci confondere islam e immigrazione: non c’erano assolutamente motivazioni religiose. Anzi, la Casa della cultura islamica locale e la vicina parrocchia di san Crisostomo hanno collaborato per calmare le acque fra arabi e sudamericani. È stata una tensione fra etnie nata in un contesto comune di degrado».

I docenti, giornalisti, laici ed esponenti religiosi che compongono il Comitato lavoreranno per gruppi: «Ci impegneremo – assicura Branca - a fare il nostro meglio, ma l’ultima parola spetterà comunque al ministro». Fra un mese arriveranno i primi risultati. C’è da sperare che producano qualcosa di buono, visto che i tentativi precedenti di Beppe Pisanu e Giuliano Amato con la Consulta islamica nel 2005-2006 erano finiti con un buco nell’acqua.