Riuscire a tracciare l'albero genealogico del virus dell'Aids in Italia e svelare così molti segreti della malattia: come si diffonde, le rotte che segue e i fattori che ne favoriscono il contagio. Era questo l’obiettivo, centrato, di Mattia Prosperi, visiting scientist presso la University of Florida. Grazie al suo lavoro, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications ora sappiamo come sono disposti i rami del virus e quali segreti nasconde la forma della sua “chioma”. Informazioni che svelano tanti segreti su come il virus si muove nel nostro Paese, mettendo in evidenza, per esempio, che la trasmissione avviene più a livello regionale che nazionale, infatti i “rami” sono principalmente composti da pazienti della stessa regione geografica. Inoltre il virus si trasmette di preferenza tra soggetti con analoghi fattori di rischio, pur con qualche eccezione. Infatti, il virus si trasmette non solo all’interno di determinate categorie ma anche al di fuori di esse.

La ricerca è frutto di una collaborazione nazionale e internazionale coordinata da Andrea De Luca, ricercatore dell’Università Cattolica di Roma, che da oltre un anno svolge le proprie ricerche presso il Policlinico Universitario di Siena ed è stata possibile grazie alla collaborazione con la coorte ARCA, un’iniziativa Italiana senza scopo di lucro coordinata dall’università di Siena. ARCA colleziona, in maniera rigorosamente anonima, informazioni relative a pazienti sieropositivi, in vari centri del territorio nazionale. I pazienti vengono sottoposti ad analisi del genoma virale, assieme alla memorizzazione di una serie di misure demografiche e cliniche quali età, sesso, nazionalità, fattori di rischio, co-infezioni, terapie antiretrovirali in uso, carica virale, condizioni del loro sistema immunitario. Tutte queste informazioni sono fornite, previo consenso informato dei pazienti, dai centri partecipanti di ARCA (inclusa l’Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli) ed è possibile avere l’accesso ai dati integrati tramite richieste di analisi valutate da un comitato scientifico. ARCA ad oggi raccoglie dati su oltre 22000 pazienti HIV positivi, con oltre 26000 sequenze virali.

Il gruppo di ricerca dell’Istituto di Clinica delle Malattie Infettive della Cattolica, guidato dal professor Roberto Cauda, al quale gli autori del lavoro hanno rivolto i più sentiti ringraziamenti per il continuo supporto dato a questa iniziativa, ha presentato al comitato scientifico di ARCA richiesta e ottenuto autorizzazione per uno studio sulla trasmissione del virus HIV-1, limitatamente al sottotipo B, in pazienti esposti a terapia antiretrovirale e in pazienti che non sono ancora stati sottoposti a terapia. L’obiettivo era quello di determinare dei “cluster” (gruppi) di trasmissione del virus (cioè insiemi di individui che si sono trasmessi l’infezione l’uno con l’altro) in Italia. Benché l’individuazione dei cluster non consenta di determinare i singoli eventi di trasmissione da uno specifico paziente ad un altro appartenente allo stesso cluster, è tuttavia possibile scoprire quali “regole” segue il virus per trasmettersi nel nostro Paese, cioè quali fattori epidemiologici o clinici caratterizzano tali gruppi di trasmissione.

I ricercatori hanno prima confrontato il codice genetico del virus dell’AIDS dei pazienti (in tutto hanno analizzato 11541 sequenze genetiche di HIV-1 B provenienti da 7350 pazienti), poi hanno costruito, sulla base di questi confronti genetici, l’albero genealogico dell’HIV in Italia (tecnicamente detto filogenetico, cioè che ricostruisce, in base al codice genetico del virus estratto dal campione di pazienti, la storia e l’evoluzione de virus). Poiché è un albero dalle dimensioni notevoli, gli esperti hanno creato un software per studiare i cluster automaticamente; a oggi il primo e l’unico metodo che permette di analizzare alberi così grandi, ha spiegato Prosperi.

«Dopo aver estratto i cluster – ha aggiunto il ricercatore - abbiamo determinato quali fattori caratterizzassero queste catene di trasmissione, e scoperto che prevalentemente la trasmissione è avvenuta tra individui con fattori di rischio simili, con alcune interessanti eccezioni – ha sottolineato Prosperi - che dimostrano come lo stesso virus possa circolare sia tra persone omosessuali che eterosessuali. E’ interessante notare come tra gli altri fattori che hanno un ruolo nella formazione dei gruppi di trasmissione vi siano anche l’elevata carica virale e la data recente dell’infezione. Spesso infatti i pazienti che hanno acquisito l’infezione recentemente (e che molto probabilmente hanno una carica virale elevata) ancora non hanno scoperto di essere infetti e continuano ad avere il medesimo comportamento, che potrebbe essere a rischio e quindi sono delle sorgenti inconsapevoli di infezione. Ebbene, questi pazienti formano dei rami a sé sull’albero. In base ai nostri risultati si può pensare ad una politica di prevenzione mirata, ad esempio incentivando le persone a fare il test per scoprire infezioni occorse di recente e spiegare che il virus non è solo circolante in categorie specifiche ma, soprattutto per gli eterosessuali, ci possono essere trasferimenti laterali per cui la soglia di attenzione deve essere sempre alta, poiché – ha concluso Prosperi - il rischio di trasmissione si associa ai comportamenti e non alle categorie sessuali.

«Inoltre - aggiunge De Luca - il trattamento antiretrovirale, che riduce in maniera molto significativa la carica virale dei pazienti, se praticato in maniera costante e controllata, può contribuire a ridurre la trasmissione del virus a livello di popolazione».

Il nome del software creato per studiare l’albero dell’HIV in Italia è “phyloPart”. Verrà distribuito direttamente da Nature Communications come materiale supplementare. Il software, inoltre, avrà anche altre possibilità di utilizzo: può funzionare su un qualsiasi albero filogenetico, e quindi in teoria può essere utile per analizzare altri virus, ad esempio quelli che causano le epatite o l’influenza.

«Abbiamo deciso di rilasciare il software liberamente in modo che tutti possano utilizzarlo nell’attività di ricerca scientifica» ha detto Prosperi mentre De Luca ha sottolineato come questo programma rappresenti «un primo avanzamento significativo di un nuovo filone di ricerca nel quale ci proponiamo di identificare i dettagli e la geografia della trasmissione del virus e la dinamica della diffusione dei ceppi resistenti ai farmaci, allo scopo di poter pianificare strategie preventive mirate».

«Un successo molto significativo – conclude Cauda - ed un importante riconoscimento di un impegno decennale a testimonianza dei livelli di eccellenza raggiunti dall’intero gruppo di ricerca».