Stimolando i “nervi giusti” si può ridurre il dolore toracico anginoso: infatti, ricercatori dell’Università Cattolica di Roma hanno dimostrato che la stimolazione del midollo spinale dà sollievo al dolore anginoso. La stimolazione viene effettuata attraverso una sorta di “pacemaker” che viene impiantato sotto cute (in genere nell’addome) e stimola il midollo spinale tramite un catetere elettrodo.
È il risultato di uno studio multicentrico da poco pubblicato sulla rivista internazionale Pain. Lo studio ha coinvolto sei centri in Italia (Policlinico universitario A. Gemelli e Ospedale San Filippo Neri di Roma, Ospedale Le Molinette di Torino, Policlinico San Matteo di Pavia, Ospedale Buccheri la Ferla Fatebenefratelli di Palermo e Ospedale Umberto I di Mestre) ed è stato organizzato e guidato dal professor Gaetano Lanza, ricercatore dell’Istituto di Cardiologia dell’Università Cattolica e cardiologo del Dipartimento di Medicina cardiovascolare del Policlinico Gemelli, diretto dal professor Filippo Crea.

“La neurostimolazione è indicata nei pazienti con la cosiddetta angina refrattaria (20-30 mila in Italia) – afferma Lanza -, ossia pazienti che, nonostante una terapia farmacologica ottimale, presentano angina persino da sforzi minimi, o addirittura a riposo, con marcata limitazione delle normali attività quotidiane, pazienti che sono giudicati non trattabili né con angioplastica coronarica né con intervento chirurgico di by-pass”.

Gli esperti della Cattolica e degli altri Centri hanno testato la neurostimolazione su 25 pazienti, di età media 68 anni, di cui 19 maschi, applicando loro l’apparecchietto stimolatore.

In pratica si inserisce un sottile “catetere elettrodo” (mediante semplice puntura nello spazio tra due vertebre toraciche) all’interno del canale vertebrale, nello spazio tra il midollo spinale e le vertebre. Il catetere elettrodo è collegato sottocute a uno stimolatore (della grandezza di un pacemaker cardiaco), che viene impiantato in genere in una tasca sottocutanea addominale (o in regione glutea).

L’impianto - che all’Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli di Roma viene effettuato dall’équipe del professor Mario Meglio, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia funzionale e spinale, che si occupa di stimolazione spinale da oltre 25 anni - può essere fatto in due sedute. Nella prima, dopo l’inserimento del catetere elettrodo, questo viene collegato con un filo di collegamento a uno stimolatore esterno, che viene portato dal paziente con una cintura per circa 2-3 settimane. Il paziente può così verificare se la terapia è efficace sulla sua angina. In caso affermativo si procede all’impianto definitivo, ponendo lo stimolatore, come detto, in regione sottocutanea addominale e facendo passare sottocute un filo di connessione dello stimolatore con il catetere elettrodo. In caso di inefficacia della terapia, il catetere elettrodo viene tolto senza ulteriori conseguenze per il paziente.

“Non è ancora chiaro il meccanismo d’azione della stimolazione spinale, ma al beneficio terapeutico potrebbero contribuire diversi effetti – prosegue Lanza - . Una serie di dati sperimentali e clinici, infatti, suggerisce che la stimolazione abbia un effetto favorevole sia sul consumo di ossigeno da parte del cuore sia sul flusso di sangue nelle coronarie (e quindi sull’ischemia miocardica), oltre che direttamente sul dolore”.

Nel loro lavoro i ricercatori del Gemelli e i loro colleghi hanno dimostrato, per la prima volta mediante uno studio prospettico e controllato, che la stimolazione spinale riduce in modo significativo gli attacchi anginosi, migliorando la qualità della vita e riducendo le riospedalizzazioni per angina, a fronte della sicurezza della terapia, che non è mai stata associata a complicanze gravi. I ricercatori, quindi, concludono che la stimolazione spinale dovrebbe costituire la terapia di prima scelta in pazienti con tipica angina refrattaria.