Una ricerca d’alta quota e a temperature bassissime, che getta le basi per creare nuovi studi per il risanamento di ambienti inquinati e per saperne di più della diversità biologica negli ambienti estremi. L’ha condotta l’istituto di Microbiologia della sede di Piacenza dell’Università Cattolica nel gruppo dell’Ortles-Cevedale, partendo da una evidenza scientifica: i ghiacciai racchiudono, a basse temperature, e in molti casi ad alta quota, organismi viventi. Gli studi effettuati nelle basi scientifiche antartiche e artiche negli ultimi anni hanno evidenziato popolazioni microbiche altamente adattate a questi ambienti estremi. Su questa base i microbiologi della facoltà di Agraria Fabrizio Cappa e Pier Sandro Cocconcelli che, spinti dalla curiosità scientifica e dall’amore per la montagna, hanno progettato studi e ricerche sulla biodiversità microbica nei ghiacciai alpini. «Sono ambienti paradossalmente poco studiati dal punto di vista microbiologico rispetto ad altre aree più oggetto di analisi scientifiche, come ad esempio i ghiacciai dell’Antartide o della Groenlandia», spiega il professor Cappa.

«L’area scelta per l’attività di ricerca, dove poter prendere abbastanza facilmente campioni di ghiaccio senza affrontare costosi problemi di logistica, è stato il ghiacciaio del Madaccio, nel massiccio montuoso dell’Ortles-Cevedale, vicino a Passo Stelvio», sottolinea Cappa, che racconta delle tre uscite sul campo realizzate per prelevare campioni di ghiaccio nell’autunno 2009, 2010 e 2011, in accordo con il Parco Nazionale dello Stelvio e la Provincia Autonoma di Bolzano.

Le carote di ghiacciaio del Madaccio sono state prelevate a valle dell’area dello sci estivo di Passo Stelvio, grazie a sonde per il carotaggio appositamente costruite da una ditta Piacentina, la Tecnojoker di Pontenure, e sono stati trasportate, congelate, fino ai laboratori della facoltà di Agraria, per essere analizzate. «I risultati che si stanno ottenendo sono sorprendenti» - afferma Cocconcelli -. L’acqua che si ottiene dalla fusione delle carote di ghiaccio, prelevate a 3.150 metri di quota, contiene una ricca comunità batterica caratterizzata da una elevata biodiversità».

I microrganismi estremofili, la cui definizione deriva proprio dal fatto che vivono bene in condizioni ambientali impensabili per gli altri organismi, sono stati conservati e studiati in laboratorio. Con il sequenziamento del Dna realizzato in facoltà sono stati identificati Frigobacterium sp., Polaromonas sp., Pseudomonas sp., Micrococcus antarticus, tutte specie già identificate in ghiacciai dell’Antartide o nel circolo polare artico. «La presenza di specie identiche in luoghi così distanti ci fornisce indizi sulla storia della Terra, sulla storia delle glaciazioni», sottolinea Cappa. Inoltre le analisi chimiche effettuate dal gruppo di ricerca del professor Marco Trevisan, dell’Istituto di chimica della facoltà di Agraria, hanno mostrato, in diversi campioni, elevati contenuti di inquinanti, idrocarburi policiclici aromatici (derivati della combustione dei derivati del petrolio) ed policlorobifenili (Pcb), provenienti da lubrificanti.

«In questi campioni di ghiaccio - racconta Cappa - è stato isolato un microrganismo che è in grado, anche a basse temperature, di nutrirsi e degradare questi composti organici inquinanti. Adesso bisogna capire, con le adeguate prove di laboratorio, quali siano le sue potenzialità nel risanamento (bioremediation) di ambienti inquinati».

I microrganismi, la loro abilità di sopravvivenza in condizioni climatiche estreme e la loro utilità per l’uomo è un tema di grande fascino, che coinvolge centri di ricerca di tutto il mondo: un gruppo di ricercatori del Regno Unito è in procinto di avviare un progetto di rilevazione di microrganismi da un lago situato a 3 Km di profondità nei ghiacciai antartici ai fini dell’individuazione del possibile impatto del cambio climatico sull’ambiente. La ricerca continua.