21 Marzo 2011, Giornata dell’Antirazzismo: un giorno speciale per presentare l’Annuario 2010 del Cirmib, il Centro Interuniversitario di Ricerca sulle Migrazioni operativo provincia di Brescia da tredici anni. Avvalendosi della collaborazione con l’Università Cattolica, l’Università Statale e l’Unione Europea, il centro ha condotto in questi anni un’analisi quest’anno soprattutto sul fenomeno della disoccupazione, della discriminazione nell’accesso ai servizi e nell’esercizio dei diritti di cittadinanza, oltre al rapporto in generale tra istituzioni e immigrati. A presentare la ricerca, Marzia Barbera dell’Università degli Studi di Brescia e membro del comitato scientifico del  Cirmib, ed Elena Besozzi, presidente del  centro. Su circa 500.000 abitanti - ha sottolineato la sociologa dell’Università Cattolica - nel 2009 risultavano residenti nella provincia di Brescia 185.000 stranieri, con una quota di irregolari stimata attorno all’ 11%, il valore più basso tra le città lombarde. Di grande interesse è poi il profilo dello “straniero medio”: maschio, di circa trent’anni, proveniente soprattutto da Marocco, Romania e Albania, coniugato (60%) e di religione musulmana; spesso residente in Italia da 10-15 anni, vive normalmente in affitto.


 

 


Per quanto riguarda la formazione, è in crescita il numero di persone con diploma di scuola superiore (47%, rispetto al 40% della media lombarda), anche se il 7% non dichiara alcun titolo di studio. La scelta dei giovani sempre più numerosi che decidono di studiare nel nostro paese ricade comunque su scuole tecniche e/o professionali. A livello lavorativo il 38% svolge un lavoro regolare a tempo indeterminato. Tuttavia la perdita del lavoro costituisce per i cittadini stranieri un problema ancor più grave, dal momento che, alla luce della legislazione attuale, potrebbe comportare la revoca del permesso di soggiorno. Nella nostra provincia si registra inoltre un aumento di atteggiamenti discriminatori o xenofobi, che ha fatto scivolare Brescia dal quarto (2008) al nono posto (2009) nella classifica delle città lombarde rispetto al livello di integrazione.

La parola è passata poi a Ugo Melchionda, labour migration expert dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, agenzia intergovernativa attiva da 60 anni, i cui membri, di nazionalità molto diversificate, testimoniano l’attenzione dell’organizzazione verso le realtà di paesi raramente al centro dell’attenzione pubblica. Negli ultimi vent’anni l’Italia è stata la principale tappa di passaggio verso altri paesi europei dei flussi migratori africani. A fronte del problema dei permessi di soggiorno, lo Stato ha disposto sei regolarizzazioni negli ultimi anni, necessarie anche per contenere la devianza favorita dalla clandestinità; al giorno d’oggi 1.721.000 cittadini stranieri hanno ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno italiano.

Dal punto di vista lavorativo la manovalanza straniera risulta fondamentale soprattutto, nell’edilizia. Si tratta infatti di “profili professionali bassi”, poco ambiti dagli italiani ma molto ricercati dall’industria. Anche qui si riscontrano comunque discriminazioni tra autoctoni e immigrati per quanto riguarda il reddito e l’orario di lavoro anche se il tasso di occupazione complessiva degli immigrati è superiore a quello dei nostri connazionali. Questo quadro, tuttavia, è destinato a cambiare nettamente con il corso del tempo a causa delle seconde generazioni, gli stranieri nati e cresciuti in Italia, che godendo di competenze linguistiche simili a quelle dei coetanei italiani, saranno sempre più competitive nel mercato del lavoro.

Durante la tavola rotonda, coordinata da Pierluigi Ferrari, giornalista di Rai3, si sono confrontate numerose autorità sul tema “Italiani e stranieri al lavoro: è possibile superare paure e discriminazioni reciproche?”. La risposta positiva all’interrogativo esiste - ha detto Giorgio Maione, assessore ai Servizi sociali e immigrazione del Comune di Brescia - se si considera il disagio della comunità immigrata e i casi di impoverimento familiare che colpiscono soprattutto i bambini, sempre più spesso non accompagnati. Ciò nonostante la velocità del processo d’integrazione ci sorprenderà nei prossimi anni - ha spiegato Aristide Peli, assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia. Infatti la realtà multietnica che le giovani generazioni sperimentano sui banchi di scuola permette loro di crescere e di conoscere sempre più da vicino culture diverse dalla nostra; proprio la scuola è, infatti, il luogo di istituzione e di integrazione, come ha affermato Mariarosa Raimondi, dirigente dell’Ufficio Scolastico provinciale di Brescia. Qui si affronta un aspetto essenziale per il processo di integrazione sociale: la problematica delle competenze linguistiche. Si tratta di una componente formativa essenziale – ha sostenuto Franco Valenti, portavoce di una realtà esterna al contesto bresciano qual è la fondazione Carlo Piccini Onlus - anche per far fronte alle difficoltà nel mondo del lavoro e per evitare la formazione di sacche di disagio sociale. Attualmente sono comunque sempre più diffusi sul territorio progetti di alfabetizzazione rivolti agli adulti basati sulla lettura della nostra costituzione, fonte preziosa per conoscere diritti e doveri dei cittadini italiani, nonché la forma mentis alla base della nostra cultura. A tal proposito si è espresso padre Mario Toffari, direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale dei Migranti, secondo cui è necessario preservare la nostra cultura, anche se la diversità culturale costituisce un grande arricchimento per la “famiglia umana universale” come ricorda anche Benedetto XVI.

Anche i lavoratori stranieri dovrebbero godere degli stessi diritti previsti per i lavoratori italiani, a prescindere dalla nazionalità, ha affermato Damiano Galletti, segretario Cgil di Brescia. La politica dovrebbe essere motore e non ostacolo della coesione, ha poi aggiunto, ricordando le recenti ordinanze del sindaco di Adro in merito ai vari bonus. La maggior parte degli immigrati non conosce i propri diritti ed è quindi indifesa nel mondo del lavoro, ha detto Giovanna Mantelli della Cisl, che auspica una maggior collaborazione tra sindacati e lavoratori stranieri. La svolta, tuttavia, si avrebbe con una normativa specifica che tuteli i lavoratori stranieri, in particolare di seconda generazione, essendo la comunità straniera che soggiornerà più a lungo nel nostro paese.