Un processo troppo fulmineo per essere misurato e analizzato quello che sta alla base delle proprietà dei superconduttori. Ma un gruppo di scienziati italiani e stranieri non si è fatto scoraggiare e ha ideato una sorta di “moviola”, molto sofisticata, che ha permesso di osservare, per la prima volta in maniera diretta, un effetto alla base della superconduttività ad alte temperature.

«La nostra tecnica e il suo originale utilizzo ha aperto una nuova finestra sui processi ultraveloci nei superconduttori ad alta temperatura», commenta Claudio Gianetti (nella foto sotto), del dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha coordinato il lavoro di ricerca, pubblicato il 9 Marzo 2015 sulla rivista Nature Physics, a cui hanno partecipato il Politecnico di Milano, la Sissa di Trieste, l’Istituto Jožef Stefan di Lubiana, la University of British Columbia e molti altri.

Claudio GiannettiI superconduttori hanno proprietà che li rendono potenzialmente molto interessanti per la tecnologia (esempi di applicazione sono, fra gli altri, i treni a levitazione magnetica). La strada verso una reale applicazione delle straordinarie proprietà dei superconduttori è stata però sbarrata dal fatto che quelli “classici” funzionano a temperature bassissime, vicine allo zero assoluto, di fatto impraticabili. I superconduttori a base di ossidi di rame, grazie alla loro più elevata temperatura di funzionamento, sono più promettenti ma la possibilità di sintentizzare superconduttori a temperatura ambiente è un traguardo ancora lontano. Il principale ostacolo è la mancata comprensione del meccanismo che permette agli ossidi di rame di diventare superconduttori.

Uno dei problemi principali è capire se le interazioni fra elettroni nel materiale sono dirette e istantanee o mediate da un’interazione “ritardata”. Per rispondere alla domanda bisogna osservare questo processo “dal vivo”, ma data la sua rapidità, la cosa è tutt’altro che semplice.

«La soluzione che abbiamo pensato si basa sull’uso di rapidissimi lampi di luce, della durata di 10 femtosecondi, ossia dieci milionesimi di miliardesimi di secondo», spiega Claudio Giannetti. «Per poter effettuare queste misure è stato sviluppato nei nostri laboratori un apparato sperimentale unico al mondo, in grado di produrre, utilizzare e misurare impulsi di luce di colori diversi che durano meno di 10 femtosecondi”, aggiunge Giulio Cerullo, responsabile dei laboratori di spettroscopia ultraveloce del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano.

La metodologia sviluppata richiama la “fotografia ad alta velocità” inventata da Eadweard Muybridge più di cent’anni fa. «Le famose immagini stroboscopiche, o motion pictures, possono dare un’idea di quello che abbiamo fatto», afferma Massimo Capone, ricercatore della Sissa di Trieste, e uno degli autori della ricerca. «Muybridge, un po’ come noi, fotografava soggetti in rapido movimento, scomponendo questo in tanti fotogrammi, per poi sovrapporli creando quelle bellissime immagini (diventate un’icona) che offrono una ricostruzione della traiettoria. Noi abbiamo fatto una cosa molto simile, in una dimensione di tempo (e di spazio) piccolissima, usando dei lampi di luce infintamente brevi come otturatori, per osservare variazioni ultrarapide delle proprietà di un superconduttore».

Gli scienziati hanno applicato questa tecnica a diverse famiglie di ossidi di rame superconduttori ad alta temperatura, riuscendo così a misurare quello che loro stessi definiscono come “il più veloce processo lento” in un solido e le loro osservazioni supportano l’ipotesi che le interazioni fra elettroni in questi superconduttori siano mediate dagli spin degli elettroni.