Il risparmio è nelle mani dei più giovani. Lo mostra l’indagine Educazione Finanziaria. Una nuova generazione di risparmiatori, curata dall’Università Cattolica di Milano in collaborazione con l’associazione no profit Junior Achievement. La ricerca è il frutto del progetto Io e l’economia, programma didattico di formazione economica rivolto agli studenti delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado.

I risultati dell’indagine sono sorprendenti. Pur se il 23% del campione dichiara di spendere quasi sempre la cosiddetta “paghetta”, ben il 45,4% del campione (che era costituito da 2301 studenti, scelti su tutto il territorio italiano) dice di «risparmiare per avere sempre a disposizione una riserva di denaro». Una risposta che Emanuela Rinaldi, docente di Sociologia alla Cattolica e curatrice dell’indagine, spiega in questi termini: «L’abitudine al risparmio indica la capacità di essere previdenti nei confronti del futuro. I più giovani sono esposti continuamente a messaggi tv, che parlano di tagli, risparmi, crisi: ne consegue una maggiore attenzione alla gestione e all’utilizzo del denaro».

Emanuela RinaldiL’indagine, poi, mette anche in relazione i profili dei duemila ragazzi presi in esame, con i loro atteggiamenti nei confronti del denaro. Ne emerge una consapevolezza più acuta, nei preadolescenti, della propria ignoranza economica. Infatti, il 24% dei giovani si ritiene poco consapevole delle proprie spese e con bassa conoscenza economica. «Gli adulti – continua la Rinaldi – sovrastimano la propria capacità finanziaria, a fronte di competenze piuttosto basse. Le nuove generazioni, al contrario, sanno di non sapere. Per questo, sono più disposte a ricevere consigli e informazioni in materia». D’altro canto, il 40% dei ragazzi economicamente consapevoli e interessati, manifesta un’alta capacità progettuale e un approccio sereno con il denaro. Inoltre, il 40% riceve spesso o molto spesso dal proprio padre informazioni su denaro, economia e finanza; mentre la madre è attiva in questo senso nel 30% dei casi. Tuttavia, la diffidenza dei giovanissimi nei confronti dell’economia resta. «I termini finanziari – sottolinea la sociologa – risultano ostici. Inoltre, in Italia mancano programmi tv che parlino di economia, rendendola affascinante per le nuove generazioni. Progetti come Io e l’economia servono a stimolare questo interesse, occupandosi delle spese e degli investimenti più diffusi tra i preadolescenti».

Un altro pregio della ricerca è sfatare il mito della paghetta. «La paghetta – nota la sociologa – è un bene, se volta alla responsabilizzazione. Se però viene integrata da incentivi “on demand” e da ricompense-premio (in occasione di compleanni, promozioni, buoni voti a scuola), essa perde il suo valore formativo. Inoltre, la paghetta deve essere un’occasione di dialogo sull’uso del denaro: per esempio, nelle famiglie in cui la gestione del budget è condivisa, si riducono le occasioni di conflitto padri-figli; nelle altre la conflittualità aumenta».

Enfatizzando il tema del risparmio, il progetto contraddice il pensiero unico del “learning to earning” (imparare a guadagnare). «La ricerca – conclude la Rinaldi – sottolinea l’importanza della passione per il lavoro e della relazionalità. Secondo i preadolescenti, il denaro non basta per essere felici. Occorre avere anche un lavoro che piace».