La scuola come luogo d’incontro tra tradizione e tecnologia. È l’idea che ha spinto Samsung a dare vita al progetto internazionale Smart Future, avviato in Italia nel giugno 2013. Trentasette istituti tra elementari e medie, sparsi in tutto il Paese, sono stati dotati di tablet e lavagne digitali a cui insegnanti, studenti e genitori sono stati introdotti attraverso corsi di formazione.

Il centro di ricerca Cremit dell’Università Cattolica è stato incaricato dalla multinazionale sudcoreana di formare un osservatorio nazionale sui media digitali nelle scuole e ha presentato il 27 novembre i risultati delle sue ricerche contenuti in un volume curato dal direttore Pier Cesare Rivoltella (nella foto sul bus predisposto per la presentazione dello studio), docente della facoltà di Scienze della Formazione.



«L’introduzione della tecnologia è importante perché permette all’insegnante di riflettere su alcuni nodi strategici della sua professione, per esempio la valutazione - afferma il direttore del Cremit -. Così dove c’erano pratiche abituali, si apre uno spazio di cambiamento e innovazione». In particolare i tablet hanno riscosso grande successo per la loro capacità di inclusione a più livelli: secondo i sondaggi gli insegnanti li ritengono strumenti fondamentali per integrare studenti stranieri (60%) o diversamente abili (80%) come per esempio quelli affetti da Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa).

Un altro dato interessante è che il 60% degli studenti ritiene che la tecnologia possa incidere positivamente sull’aggregazione degli alunni. Nell’immaginario comune smartphone, tablet e PC sono visti come qualcosa di alienante o perlomeno individualizzante, invece nelle scuole accade il contrario. «All’interno delle classi è sempre proposta una tipologia di lavoro collaborativa - spiega il professor Rivoltella - . I ragazzi, con i loro device, sono sempre invitati a creare video, progetti, e a farlo sempre insieme ad altri».

Tra insegnanti, studenti e genitori sono quest’ultimi, secondo la ricerca, i più scettici nei confronti dell’introduzione nella didattica delle nuove tecnologia. Mentre il 53% di loro pensa che il tablet possa contribuire a fare squadra, solo il 23% è fiducioso che, grazie al suo utilizzo, i figli possano acquisire competenze diverse. «È vero, la preoccupazione prevale nei genitori. Mamme e papà usano cellulare e computer nelle loro professioni, ma quando gli si prospetta la stessa possibilità per i loro figli allora scatta la diffidenza - commenta il direttore del Cremit - . Questo a causa di una rappresentazione sociale dominante secondo cui a scuola la tecnologia non deve entrare».

Il volume con tutte queste ricerche che, come ricordato, verrà presentato oggi, è anche una testimonianza di come scuola, università e aziende possono collaborare in maniera fruttuosa con un guadagno per ciascuno. Tanto che adesso i risultati che l’Università Cattolica metterà a disposizione della Samsung verranno utilizzati dalla multinazionale sudcoreana per modificare i propri prodotti e renderli ancora più vicini alle esigenze degli insegnanti italiani.

Intanto Smart Future non si ferma, l’obiettivo entro la fine del 2015 è quello di coinvolgere altre 54 scuole italiane nei progetti di sperimentazione. Inoltre si andranno a cercare quegli istituti che hanno un presidio ospedaliero, per dimostrare come l’attuazione della tecnologia nella didattica si riveli particolarmente efficace nel caso di alunni costretti all’ospedalizzazione.