Trasparenza e maggiore attenzione al cliente. Sono questi i principali obiettivi al centro delle più recenti novità normative italiane in tema di legislazione bancaria. Basti pensare alle nuove Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia del luglio 2009 sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Come pure all’appena approvata disciplina di recepimento della direttiva 2007/64/Ce sui servizi di pagamento (Psd). Il risultato? Un corpo normativo esteso e articolato che sta avendo un impatto significativo sulle banche in termini di costi, aumento di competitività e cambiamenti delle procedure organizzative. Ma che, nello stesso tempo, sta richiedendo al management bancario un maggiore impegno sul fronte dei controlli interni e della compliance, proprio ai fini di un giusta attuazione delle norme.

Si spiega così l’attivazione in Università Cattolica di un Competence Centre che si occupa degli obblighi di trasparenza nelle attività bancarie, finanziarie e assicurative. Promosso dal Centro di ricerca su Tecnologie, innovazione e servizi finanziari (Cetif), il gruppo di studio intende delineare le pratiche di eccellenza nel processo di adeguamento alle nuove normative, attraverso una struttura di ricerca e confronto basata sul modello del tavolo di lavoro. «Il Competence Centre - spiega Federico Rajola, docente di Organizzazione aziendale e direttore del Cetif - si articola in quattro fasi correlate: approfondimenti normativi; rischi e criticità emergenti; impatti organizzativi e compliance best practice».

Nel corso della prima fase di ricerca, partita lo scorso 17 marzo, il gruppo di studio ha messo a fuoco i principali adempimenti richiesti dalle numerose discipline di trasparenza venute a interessare, negli ultimi anni, la relazione banca-cliente. «Di recente, è molto cresciuta l’attenzione del legislatore e delle Autorità di vigilanza verso la promozione di comportamenti corretti degli intermediari nei confronti della clientela - osserva Chiara Frigerio, docente di Organizzazione aziendale e segretario Cetif -. Ne è derivata una vera e propria proliferazione di leggi e normative regolamentari, talvolta non facilmente coordinabili da parte degli operatori. La molteplicità delle autorità di vigilanza chiamate a occuparsi di questi aspetti non aiuta a far chiarezza». Fra le ultime novità, un’importanza non marginale riveste il decreto legislativo n. 11/2010 di recepimento della direttiva sui servizi di pagamento, che prevede una serie di documenti di trasparenza il cui obiettivo è l’innalzamento della tutela del cliente, imponendo alle banche, nelle ipotesi in cui comunicazioni agli utenti possono ancora essere fatte pagare, di non richiedere alla clientela più dei costi effettivi sostenuti dagli intermediari per la predisposizione e l’invio di tali comunicazioni. «Da questo punto di vista - precisa la professoressa Frigerio -, il mutamento rispetto alla disciplina precedente è piuttosto forte e rilevanti sono le problematiche che le banche sono chiamate ad affrontare per adeguarsi alle nuove prescrizioni. Il nostro gruppo di ricerca cercherà, perciò, di individuare le pratiche migliori nel tentativo di sciogliere gli ancora numerosi dubbi interpretativi della normativa».

Fra gli altri temi messi a fuoco dal Competence Centre vi è, poi, la significativa estensione, per effetto della nuova disciplina di trasparenza emanata dalla Banca d’Italia nel luglio 2009, dell’utilizzo nel rapporto banca-cliente dell’Indice sintetico di costo (Isc). «L’Isc rientra tra quei concetti ed elementi nuovi con cui le banche devono confrontarsi, proprio in nome della trasparenza - sottolinea Antonella Sciarrone Alibrandi, docente di Diritto bancario alla Cattolica di Piacenza e membro designato dalla Banca d’Italia del collegio di Milano dell’Arbitro bancario finanziario -. Tuttavia, il loro utilizzo non è così scontato, come potrebbe sembrare». Infatti, se prima l’Isc serviva a offrire una sintetica misura del costo totale di un finanziamento (interessi+spese e oneri accessori) e doveva essere calcolato con modalità analoghe a quelle previste per il Taeg (il parametro applicato sul credito al consumo), con la nuova disciplina l’Isc è reso obbligatorio anche in relazione ai conti correnti offerti ai consumatori. «L’Isc calcolato in relazione a un contratto di mutuo - precisa la docente di Diritto bancario - riesce a fornire al finanziato una rappresentazione piuttosto vicina alla realtà del costo effettivo del credito. Non è così, invece, per l’Isc di un conto corrente, per sua natura volto a fornire una mera esemplificazione dei costi utilizzabili a fronte di un utilizzo medio di quella tipologia di prodotto». Per esempio, lo stesso calcolo dell’Isc potrebbe creare dubbi a un cliente poco esperto poiché il profilo medio del risparmiatore utilizzato per la sua determinazione non sempre è destinato a rispecchiare il reale identikit dell’utente. «Ecco perché - conclude la professoressa Sciarrone Alibrandi - è necessario lavorare per favorire lo sviluppo di una maggiore educazione finanziaria sia tra il personale bancario chiamato, oltre che a conoscere l’utente con cui entra in relazione, anche a un elevato livello di competenza in ordine ai prodotti offerti; sia tra la clientela, che dovrà essere in grado di orientarsi tra le diverse proposte che le vengono prospettate». Ma su questo fronte c’è ancora tanta strada da fare.