di Vera Benedetta Brambilla

Ad Atalaya siamo arrivate in “avioneta”, un piccolo areoplanino di linea da 12 posti (compresi i due conducenti). Da lì due carretti ci hanno condotto all’Universidad Católica Sedes Sapientiae (UCSS) di Nopoki, la sede universitaria ha ospitato me, Carolina e Barbara, studentesse di Food Marketing e strategie commerciali a Piacenza, per quattro settimane di questa esperienza unica.

Ad attenderci il direttore Julio e la professoressa Rossio, nostra principale riferente insieme all’aiuto di due ex alunni, nonché docenti della facoltà di Ingegneria Agraria di Nopoki. Richard e Oliver sono stati le nostre guide ad Atalaya. Oliver, giovanissimo insegnante di chimica, ci ha sostenuto nel progetto per cui eravamo state selezionate e ci ha portato alla scoperta di luoghi caratteristici nelle vicinanze della cittadina, facendoci scoprire, in particolare, le Quebradas, cascate che loro definiscono come le nostre piscine. Richard, professore di colture erbacee, c’ha aiutate a perseguire gli obiettivi che ci eravamo poste per questa esperienza. Con lui siamo andate alla scoperta della natura e della giungla, abbiamo fatto “escursioni” nelle piantagioni di cacao, di caffè e di ananas, che sono le più importanti materie prime del territorio.

Le mie due compagne sono partite con l’obiettivo di trovare una strategia di mercato efficiente, che potesse essere applicata a una realtà forse più arretrata rispetto alla nostra, con l’obiettivo di implementare il mercato locale. Atalaya è una piccola cittadina in cui il lavoro sul campo è sempre stato fondamentale: era, quindi, importante trovare una soluzione di marketing per valorizzare i prodotti locali e le materie prime. Carolina e Barbara si sono impegnate nell’individuazione di strumenti per promuovere l’esportazione dei prodotti locali, elaborando strategie per farli conoscere anche al di fuori dei confini peruviani. Il mio, come anche il loro, è stato più che altro un lavoro di “raccolta dati e rielaborazione” per poi poter proporre delle idee e portare un miglioramento. 

Il cacao è la principale materia prima di produzione, si estende a quasi tutto il mercato locale. Abbiamo seguito delle lezioni sulla produzione del cioccolato e la filiera del cacao, abbiamo fatto escursioni e gite nelle piantagioni per capire come veniva trattata la materia prima e come veniva raccolta, per poi essere venduta. 

Nonostante le nostre facoltà di appartenenza fossero diverse, ci siamo aiutate molto in base al diverso lavoro che dovevamo fare di giorno in giorno. Studiando Scienze e tecnologie alimentari sono arrivata ad Atalaya con l’obiettivo di analizzare la situazione igienico-alimentare della cittadina. Per questo siamo andate a visitare il mercato locale di Atalaya. Le condizioni igieniche erano sicuramente diverse dalle nostre, soprattutto in ambito di alimentazione e sicurezza alimentare: polli appesi, pesce non refrigerato, mancanza di frigoriferi, nessuna idea di refrigerazione e di conservazione del cibo anche per i giorni successivi. Le famiglie, la gente del posto, i negozi consumavano e vendevano prodotti del giorno: dal pesce che pescavano al pollo, la pietanza principale accompagnata sempre da riso, base di ogni loro piatto tipico. La difficoltà principale è stata relazionarsi subito con i ragazzi presenti in Nopoki, con cui cercare di condividere idee e proporre soluzioni ai problemi. Non è stato semplice tentare di consigliare soluzioni di miglioramento in ambito igienico, dal semplice lavarsi le mani al tenere gli animali lontani dalla cucina. 

Un altro problema fondamentale di Atalaya era la non potabilità dell’acqua. Le comunità circostanti erano costrette a usufruire di acqua piovana e contaminata che poteva portare infermità e problemi gastroenterici, con anche casi di mortalità infantile. Per questo motivo un ragazzo dell’Università, prima di partire, mi ha proposto di portare con me l’idea di costruire un piccolo impianto pilota di filtrazione di acqua, assemblato con sabbia e sassi di diversa granulometria, secchi e tubazioni: l’obiettivo era filtrare l’acqua, diminuendo la carica microbica dell’acqua contaminata, usando la sabbia e i sassi all’interno di alcuni secchi, come una sorta di camera filtrante. Naturalmente l’abbiamo costruito insieme, ci abbiamo lavorato tutte e tre con l’aiuto particolare di Richard, uno dei professori guida che ci è stato affidato fin dall’inizio. Siamo riuscite a costruire il filtro e a monitorarlo, ma non siamo riuscite a testarlo dopo le due settimane di controllo, perché era già ora di tornare. 

In università abbiamo conosciuto molti ragazzi e ragazze con cui abbiamo condiviso esperienze, racconti e grazie ai quali abbiamo potenziato il nostro spagnolo, migliorando la conoscenza del vocabolario. Abbiamo fatto lezioni di Italiano a due ragazzi di nome Angelo e Alex, rispettivamente di 17 e 19 anni, desiderosi di apprendere una nuova lingua. Ci siamo divertite moltissimo, abbiamo vissuto ora dopo ora a contatto con persone stupende, con una grandissima umanità e con personalità uniche.

Il nostro volontariato è stato portare ad Atalaya conoscenze apprese in questi anni di studio. Siamo partite con delle idee da poter condividere con chi ci voleva dare ascolto, con chi le poteva apprezzare e poi concretizzare. Siamo giunte ad Atalaya con moltissimo entusiasmo, con la volontà di conoscere e di farci conoscere, di relazionarci e condividere punti di vista. Sono tornata con molti interrogativi sulla vita, sulle persone, su come affrontare i problemi. 

* 23 anni, di Zelo Buon persico (Lo), laureata triennale in Scienze e tecnologie alimentari, studentessa del secondo anno della laurea magistrale in Scienze e tecnologie alimentari, facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, campus di Piacenza