di Davide Malacrida *

Ho conseguito la laurea triennale una settimana prima di partire per il Brasile. Tra amici, parenti, festeggiamenti e pensieri sul mio futuro non ho avuto molto tempo di concentrarmi sul Charity Work Program, che è veramente arrivato all’improvviso. Ho cercato di lasciare a casa ogni tipo di aspettativa, pensiero, pregiudizio e cercare di vivere ogni singolo istante di questa esperienza.

Siamo arrivati a Porto Velho dopo un viaggio lungo, molto lungo. La città costeggia il Rio Madeira un fiume affluente del Rio delle Amazzoni ed è al confine con la foresta che si estende per migliaia di chilometri quadrati. Tra alberi, piante, frutta e animali la natura regna appena finiscono le case. 

Con l’accoglienza della direttrice Giusy, siamo subito entrati nello spirito dell’associazione Casa Famiglia Rosetta, che ci ha accolto: valorizzare la vita o come dicono là “valorize a vida”. Di questa realtà fanno parte un centro di riabilitazione psicomotoria per bambini con paralisi cerebrale e tre comunità terapeutiche per persone con dipendenza chimica: una femminile e due maschili, di cui una in un’altra città a circa 300km da Porto Velho.

Le giornate cominciavano sempre con una bella colazione nella comunità femminile, tra torte fatte in casa, succhi e frutta che in Italia non ho mai visto nemmeno in foto. 

Ho passato due settimane nella comunità maschile autogestita dai residenti, che vivono i loro nove mesi lì come una sorta di rinascita. Si occupano di pulizia, ordine, pasti, lavoro nell’orto e con gli animali. Questi momenti di lavoro si alternano a incontri con gli operatori della comunità (psicologo, monitori, direttore) o con gruppi di ascolto e condivisione tra i residenti.

Ho condiviso con loro la giornata partecipando ai gruppi, osservando il loro programma e parlando con gli operatori. Giorno dopo giorno sono entrato a far sempre più parte della loro “familia”. Ho imparato molte cose da questi ragazzi per cui sono diventato un po’ operatore, un po’ amico. Chiacchieravo con loro della loro vita, delle loro esperienze, ma allo stesso tempo partecipavo ai loro gruppi come osservatore affiancando lo psicologo. 

Un momento cruciale era il pranzo o, meglio, il momento dei “pensamentos”, che precedeva il pasto: un momento libero da dedicare a esprimere un pensiero o fare un ringraziamento a Dio o a qualche persona in particolare. Dopo gli ospiti della comunità toccava a me. Introdotto dal capo dei coordinatori (il residente più anziano e più avanti nel programma terapeutico) che annunciava il “Pensamento do psicologo Davi”, mi alzavo in piedi e salutavo tutti con un “Boa tarde familia”. Un momento molto importante in cui avevo l’opportunità di ringraziarli direttamente e far capire loro che ero lì solo con la speranza di poter imparare qualcosa e di lasciare qualcosa di me a loro.

Sono stati momenti emotivamente molto intensi. Questi ragazzi hanno alle spalle storie di vita e di famiglia molto complesse e difficili, piene di dolore e sofferenza. Sono però al tempo stesso uomini con qualità enormi e una grandissima voglia di conoscersi e cambiare. Ho cercato di spogliarmi di qualsiasi pregiudizio su di loro così come loro hanno fatto nei miei confronti. Capitava che mi chiedessero come mai fossi lì a “studiarli” e se in Italia non ci fossero tossicodipendenti. Alla fine è stato difficile lasciarli e mi hanno ringraziato per il periodo trascorso con loro.

Oltre all’esperienza nella comunità terapeutica, insieme alla mia compagna di avventura, Cecilia, ho trascorso una settimana anche nel centro di riabilitazione psicomotoria per bambini con paralisi cerebrale. Non potrò mai dimenticare gli sguardi di quei bambini. È difficile raccontare a parole questa esperienza, forse anche perché con loro di parole ne servivano poche e bastava solo qualche gesto e sorriso. Le storie dei bambini erano molto varie, ma tutte accomunate da condizioni familiari difficili, che gravavano sulla condizione di salute dei bambini. 

Sei di loro vivono giorno e notte nella comunità, mentre gli altri scendono ogni mattina dal pullman dell’associazione. Molti di loro non parlano e non camminano ma sono in grado di comunicare semplicemente tramite uno sguardo. Con loro ogni giorno ci sono una psicologa, un fisioterapista, educatrici, professoresse e una logopedista per curare ogni singolo aspetto. Con loro ho cantato, ballato, giocato, letto favole e aiutati a mangiare, sebbene la cosa più importante è stato semplicemente star loro vicino. Sono grato per la possibilità che ho avuto e che non potrò dimenticare. Sono tante le cose che mi porto dietro da questa esperienza sia da un punto di vista lavorativo che umano. Obrigado

* 23 anni, di Milano, appena laureato in Scienze e Tecniche psicologiche (laurea triennale), iscritto al primo anno laurea magistrale di Psicologia per il benessere, empowerment, riabilitazione e tecnologia positiva, facoltà di Psicologia, campus di Milano