Come emerge dagli esiti dell’ultimo rapporto OCSE – PISA sulla Scuola, gli studenti italiani occupano le ultime posizioni per competenze e capacità di lettura e comprensione. Tra i diversi fattori che contribuiscono a questo sconfortante risultato, rientra la carenza di educazione digitale tra i giovani, come sottolineano diversi quotidiani, tra cui La Stampa e il Sole 24Ore. Da dove nasce il paradosso dei post -millennials nati proprio con le nuove tecnologie e il gap cognitivo e formativo?
Insegnanti e famiglie non possiedono sufficienti conoscenze e strumenti per poter trasmettere competenze sul digitale, sulle sue potenzialità, l’utilizzo, gli impatti e le conseguenze, trovandosi a vivere l’evoluzione tecnologica che ha tempi rapidi ed è costantemente in cambiamento.
Il piano nazionale per la scuola digitale (PNSD) del Ministero della Pubblica istruzione indirizza verso “una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale”, ma è necessaria una consapevolezza più profonda e diffusa dell’importanza della capacità di leggere e comprendere un contenuto, più che della manualità nella gestione di app e apparecchi o della conoscenza a volte superficiale e ludica della multimedialità e dell’innovazione.
«Occorre avviare un percorso di formazione realmente innovativo, partendo da un luogo. Non bastano una lavagna interattiva multimediale o dei tablet per condurre le nuove generazioni all’interno del variegato ecosistema dell’apprendimento digitale: c’è bisogno di un posto, di uno spazio ben preciso, con una sua storia. Uno spazio però in cui le nuove tecnologie – integrate proficuamente – possano portare a quel processo di innovazione digitale tanto auspicato all’interno della scuola: una Nuova Biblioteca Scolastica» afferma Edoardo Barbieri, direttore dei master Professione Editoria, Booktelling e della Winter School sul digitale rivolta proprio al mondo della scuola, e non solo.
«Il modello che abbiamo in mente si caratterizza come luogo di apprendimento trasversale, in cui insegnare agli studenti a gestire l’informazione – con diversi gradi di complessità – trascendendo (ma non bypassando) la singola disciplina, capacità questa sempre più richiesta». La novità? «Rispetto alla tradizionale impostazione della scuola che si articola secondo la dicotomia classe e disciplina, questo luogo di apprendimento si configura come “terzo spazio”, duttile, pronto ad accogliere diverse attività e diverse modalità di lavoro in cui digitale e analogico contribuiscono proficuamente a tradurre l’inconsapevolezza in conoscenza e la disinformazione in informazione».
Per rispondere a una necessità formativa e di consapevolezza che non riguarda solo i giovani e le scuole, ma tutti, professionisti, educatori, famiglie, che quotidianamente accedono a quantità di dati e contenuti da più canali, di cui non sempre si è in grado di cogliere senso e qualità.