La finanza può fare danni tremendi se è affetta da irregolarità ed eccessi. Non è casuale che sia sempre stata oggetto di grandi critiche perché considerata fonte di instabilità. Eppure può essere utilissima per il suo effetto propulsivo sull’economia reale. A ripercorrere “delizie e croci” del settore finanziario ci ha pensato Pierluigi Ciocca, partecipando all’ultimo dei webinar promossi nell’ambito dei Laboratori sull’Oeconomicae et pecuniariae quaestiones dedicato al tema “Politiche pubbliche e dimensione politica dei mercati finanziari”.
Banchiere ed economista, dal 1995 al 2006 vicedirettore di Banca d’Italia, membro dell’Accademia dei Lincei, autore di numerosi libri sull’economia e sulla storia economica, Pierluigi Ciocca ha portato la sua testimonianza all’iniziativa ideata dall’Università Cattolica con la Diocesi di Milano, articolata nei 12 Laboratori, erogati nelle quattro sedi dell’Ateneo e dedicati ad alcune tematiche analizzate nel documento della Santa Sede. «La finalità è stata avviare un percorso interdisciplinare a più voci che s’inserisce nell’appuntamento rivolto ai giovani e voluto dal Santo Padre, The Economy of Francesco, rimandato a novembre per le conseguenze della pandemia», ha spiegato la preside della facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative Elena Beccalli, introducendo il webinar organizzato presso la sede di Roma, coordinato da Maria Chiara Malaguti, docente di Diritto internazionale nella facoltà di Economia (campus di Roma), e da monsignor Riccardo Bollati. «Con questa iniziativa abbiamo cercato di dare ai nostri studenti l’opportunità di dialogare con docenti e professionisti del mondo delle banche e dell’economia dotandoli così degli strumenti necessari per avviare un percorso di ripensamento dei modelli economico-finanziari», ha aggiunto la preside Beccalli.
Un percorso di riflessione, quello attivato dai Laboratori sull’Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, cui l’intervento di Ciocca intitolato “La finanza: delizia e croce” ha offerto notevoli spunti. L’economista parte da lontano, addirittura dall’antica Mesopotamia dove il credito esisteva già prima della moneta. «La finanza se esiste da millenni a qualcosa deve essere servita», ha detto Ciocca. Ridotta all’essenziale in cosa consiste? «Nel trasferire le risorse da chi le possiede e non sa usarle a chi invece è capace e voglioso di intraprendere commerci e produzioni».
La finanza si è sviluppata in forme via via diverse. Ma la sua esplosione va correlata con quella che Ciocca chiama «economia di mercato capitalistica post-rivoluzione inglese». Negli ultimi due secoli il suo ruolo è stato cruciale: questo perché ha sostenuto le imprese nella realizzazione di progetti profittevoli lungo due linee maestre: l’investimento in capitale fisso e l’innovazione. «Questo nesso tra capitale fisso e innovazione ha messo il turbo alla crescita della produzione negli ultimi due secoli», ha detto l’economista. Alcuni numeri sono significativi: nei millenni che hanno preceduto il XIX secolo il reddito pro capite medio del genere umano oscillava tra i 500 e i 700 dollari; con l’economia di mercato capitalistica e con la finanza moderna dal 1820 a oggi il reddito pro capite medio dei cittadini del mondo è balzato da 700 a 10mila dollari, quindi nel volgere di 200 anni il benessere degli uomini si è moltiplicato per 13, raddoppiando ogni 45 anni. La crescita economica, dunque, è accelerata grazie alla combinazione di capitale fisso e progresso tecnico.
Dalle delizie alle croci. «La croce della finanza è l’instabilità e su questo concetto ci sono biblioteche intere». Va fatta una distinzione, ha avvertito Ciocca, e per farla usa la parola «capitalismo»: è questo a essere instabile e l’instabilità di questo modello di produzione è radicata nel modello medesimo, insomma “è il capitalismo, bellezza!”.
Dalla Mesopotamia passando per la rivoluzione industriale arriviamo alla crisi del 2008 e a quella appena dietro l’angolo causata dalla pandemia. Purtroppo le crisi non si possono né prevedere né prevenire. Per questo l’economia va governata perché - per dirla con John Maynard Keynes - i mercati non si autoregolano. Da questo punto di vista «la finanza è l’industria più controllata e regolata da sempre grazie a tre strumenti: le regole chiare, una vigilanza occhiuta ed efficace, il credito di ultima istanza nelle banche centrali», ha precisato Ciocca.
Bisogna governare l’economia soprattutto in fasi complesse come quelle che stiamo vivendo. «Oggi per esempio contro il rischio recessione che corrono Europa e Italia una ricetta potrebbe essere quella di espandere la spesa pubblica per investimenti in infrastrutture – ha concluso Ciocca –: perché un euro speso in buone infrastrutture ha un effetto moltiplicativo di 2-3 punti sul Pil nel volgere di pochi anni». La lezione economica del buon Keynes resta sempre attuale.