L’articolo del professor Damiano Palano, docente di Scienza politica alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica, fa parte dello speciale dedicato alle sfide che attendono il nuovo governo

di Damiano Palano

La formazione del nuovo esecutivo presieduto da Giuseppe Conte chiude una crisi di governo apertasi in modo anomalo un mese fa. Ma probabilmente non potrà risolvere l’anomalia del “tripolarismo imperfetto” emerso con le elezioni del marzo 2018, la cui configurazione rappresenterà anzi la principale insidia per la stabilità della nuova maggioranza. 

Un anno e mezzo fa, le urne ci avevano infatti consegnato un assetto sostanzialmente tripolare, con una serie di anomalie che lo rendevano per molti versi “bloccato”. La prima era il rifiuto da parte del partito di maggioranza relativa – il MoVimento  5 stelle – di collocarsi in modo chiaro sull’asse destra/sinistra. Se una simile opzione “post-ideologica” era stata uno dei fattori alla base del successo di questo singolare catch-all-party, evidentemente precludeva la possibilità che la meccanica del nuovo tripolarismo si collocasse sul continuum destra/sinistra e desse vita a formule tradizionali, basate sull’alternativa tra centro-destra e centro-sinistra. 

Una seconda anomalia discendeva da alcune ulteriori preclusioni. Fino a quel momento i pentastellati avevano fatto una bandiera della loro ostilità a qualsiasi alleanza con altre forze, giudicate pressoché senza eccezioni espressione della “casta” e della “vecchia politica”. A sua volta, il Partito democratico, a dispetto della collocazione potenzialmente centrista che assumeva nel nuovo quadro, esprimeva l’indisponibilità a sostenere qualsiasi esecutivo, decidendo dunque di assumere programmaticamente un ruolo di opposizione nella nuova legislatura. Dopo un’estenuante trattativa, come sappiamo, l’anomalia del tripolarismo bloccato fu superata dal compromesso di governo tra M5S e Lega: un compromesso che nasceva probabilmente dalla convinzione (o dalla scommessa) che quell’esperienza potesse sancire la transizione verso un nuovo bipolarismo, e che, nella “Terza Repubblica” i vecchi partiti dovessero diventare sempre più marginali. Che si trattasse di un calcolo sbagliato era già allora piuttosto chiaro, perché – alleandosi con una formazione chiaramente collocata nella galassia del “populismo autoritario”, o comunque di una destra piuttosto radicale – il MoVimento 5 stelle avrebbe quasi inevitabilmente smarrito l’originaria identità “post-ideologica” (e dunque una parte dei propri elettori). E al di là delle performance del primo governo Conte, per la formazione pentastellata è effettivamente diventato sempre più difficile evitare di essere risucchiata dallo slittamento verso destra trainato da Salvini.

Il secondo governo Conte nasce naturalmente in un contesto diverso da quello seguito al 4 marzo 2018, perché la nuova maggioranza è resa possibile dal radicale cambiamento di linea del Pd, ora disponibile a estrarre i propri voti dal “congelatore” per metterli in gioco. Ma il nuovo esecutivo si troverà esposto a tensioni per molti versi speculari rispetto a quelle sperimentate dal precedente governo. Il MoVimento 5 stelle – sfruttando appieno la propria “ideologia sottile” (e malleabile) – potrà puntare a riconquistare quel bacino di sostenitori che proviene da una collocazione di sinistra. Ma nel fare questo correrà il rischio di essere pienamente “normalizzato”, non solo per la perdita del proprio originario vigore “anticasta”, ma principalmente perché dovrà attenuare sensibilmente quell’identità “post-ideologica” così efficace per intercettare voti in tutti i settori della società. E probabilmente, così come l’alleanza con Salvini ha generato una “corrente” di sinistra, rappresentata soprattutto dal presidente della Camera, l’alleanza col Pd spingerà alla nascita di una componente “sovranista”, destinata a rivelarsi una spina nel fianco per Conte. Ma il nuovo governo, oltre a fronteggiare quotidianamente gli attacchi che giungeranno dal fronte di destra, sarà indebolito anche dalle critiche che – dall’interno del Pd – rimprovereranno all’esecutivo una torsione radicale verso sinistra e che alimenteranno l’ambizione di dar vita a nuovi progetti centristi.

Che tutte queste insidie debbano rendere difficile la vita del nuovo esecutivo è ovviamente solo una delle ipotesi in campo, perché una serie di vincoli – soprattutto economici e internazionali – potrebbe dare al governo quella coerenza che le forze politiche sembrano per ora disposte solo in parte a garantire. Ma certo l’instabile configurazione del “tripolarismo imperfetto” – con tutte le sue irrisolte anomalie – non renderà agevole la strada di Giuseppe Conte.


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