L’articolo del professor Maurizio Motolese, docente di Politica economica alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica, fa parte dello speciale dedicato alle sfide che attendono il nuovo governo
Lo scenario macroeconomico dell’Italia all’indomani della crisi di governo non è roseo. I dati Istat pubblicati a maggio prevedono una crescita dello 0,3% del Pil per il 2019, in calo rispetto al 2018, e le proiezioni per il 2020 e il 2021 di Banca d’Italia, Fmi e Ocse non si discostano di molto. In sintesi, il quadro è quello di una situazione di stagnazione. A conferma di tale situazione giungono i dati Istat sulla povertà che rimane invariata da diversi anni con 1,8 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta.
Il nuovo governo è chiamato a prendere decisioni di investimento sul futuro del nostro paese. Certamente, nell’immediato occorre evitare l’aumento dell’Iva che ricadrebbe sulle famiglie. Ma, se si vuole realmente investire sul futuro dell’Italia, il governo dovrebbe avere un orizzonte che va oltre la durata del proprio mandato per impostare le basi di una ripresa. Se il Paese desse un segnale chiaro di investimento sul futuro anche i mercati riacquisterebbero maggiore fiducia e le aspettative si formerebbero in un contesto di minore incertezza e di conseguenza si stabilizzerebbero i piani di investimento privati.
Queste, a mio parere, sono tre priorità di politica economica per i prossimi 10 anni:
1) Una politica strutturale a favore della famiglia che torni a far crescere il tasso di natalità (senza alcun intervento, secondo l’OCSE, nel 2050 in Italia ci saranno più pensionati che lavoratori).
2) Una politica economica favorevole alla crescita. Si potrebbe cominciare con un piano di investimenti pubblici per le infrastrutture, la ricerca e lo sviluppo, e la formazione; allo stesso tempo cercare accordi in Europa per il loro finanziamento (titoli di debito europei?) e/o per scorporarli dalle misure di deficit e debito del paese.
3) Una politica di riduzione della disuguaglianza. Ciò libererebbe risorse per un aumento dei consumi soprattutto nelle famiglie di reddito medio e medio-basso. Un importante segnale per una maggiore uguaglianza verrebbe da una strutturale politica di lotta all’evasione fiscale, spesso aggravata da aspettative di condoni o di pace fiscale.