Video, social network, storytelling, e hashtag: la grammatica e l’odierno linguaggio multimediale sono messi al servizio di testimonianze e oggetti del nostro passato artistico e culturale.


È accaduto con #AdottaUnOggetto, la campagna realizzata dagli studenti del corso di laurea magistrale in Gestione di contenuti digitali per i media, le imprese e il turismo culturale (GeCo) per la comunicazione e divulgazione del vasto patrimonio del Musil, il Museo del'industria e del lavoro di Rodengo Saiano (Bs).


Il progetto è nato nell’ambito del laboratorio di Storytelling digitale e transmediale, tenuto dai docenti Fabrizio Martire e Alessandro Mininno, fondatori dell’agenzia di comunicazione bresciana Gummy Industries. Nel corso del workshop, gli studenti sono stati chiamati a ideare e sviluppare dei progetti per raccontare il Musil e il suo valore attraverso gli oggetti presenti nelle collezioni e gli strumenti del web, con l’obiettivo catalizzare l’attenzione, incuriosire e incrementare il pubblico del museo.


«Comunicare un museo non è sicuramente facile – precisano da subito Mininno e Martire – L’obiettivo è stato sin dall’inizio quello di promuovere in modo innovativo l’immagine del museo partendo da ciò che in esso è conservato, per catturare l’attenzione di nuovi spettatori e target diversi».
 

Per farlo gli studenti hanno ideato ed elaborato progetti come "Museo Atelier", che ha coinvolto alcuni fashion designers chiamati a creare abiti reinterpretando stoffe e motivi dei tessuti conservati al Musil. Il risultato è stato poi reso visibile attraverso i canali di comunicazione multimediale, come le pagine facebook e Instagram, e l’utilizzo dell’hashtag #adottaunoggetto.


"Unboxing Museum" è invece una serie di tredici video postati su Youtube in cui personaggi e professionisti come l’olimpionico Andrea Cassarà, il cantante Piergiorgio Cinelli o il professore dell’Università Cattolica Marco Della Vedova “adottano il loro oggetto” estraendolo da una scatola e descrivendone ironicamente le potenzialità o azzardando connessioni tra il suo utilizzo passato e la sua evoluzione presente. Anche in questo caso vige la regola della condivisione virale e multimediale, così da raggiungere il maggior numero osservatori.


René Capovin, responsabile del Musil, ha commentato la collaborazione la sede espositiva e l’università: «Occorre superare l’idea di trarre idee e lavoro a casto zero dalle università. Tuttavia, dato che i musei attualmente non sono in grado di effettuare assunzioni, la soluzione è quella di proporci come piattaforma professionalizzante, in dialogo costante col territorio e le altre istituzioni. Nello specifico di questo progetto ciò significa che al museo rimarrà il frutto del lavoro e della sperimentazione con gli studenti, mentre a questi ultimi rimarrà il bagaglio derivato da un’esperienza pratica e concreta che ci auguriamo possa essere l’inizio di un percorso lavorativo» ha concluso.