di Agostino Giovagnoli *

Ottant’anni fa, il 1 settembre 1939, le armate tedesche superarono i confini polacchi: era l’inizio della Seconda guerra mondiale, che ha causato più di cinquanta milioni di vittime e che ha permesso la tragedia della Shoah. È stata anche l’unico caso in cui sono state utilizzate armi nucleari per colpire città intere e centinaia di migliaia di persone.

Dopo più di cinque lunghissimi anni, le democrazie – alleate con l’Unione sovietica aggredita da Hitler – hanno sconfitto il totalitarismo nazifascista. Oggi la Seconda guerra mondiale appare ancora più chiaramente il momento culminante di uno scontro mortale fra totalitarismo e democrazia, iniziato un secolo fa e che, in forme diverse, continua ancora oggi. L’avvento della società di massa infatti ha messo fine allo Stato liberale e da allora due sono diventate le alternative possibili, totalitarismo e democrazia, che nel corso degli ultimi cento anni hanno conosciuto alterne fortune. Fra le due guerre, com’è noto, il totalitarismo nazi-fascista si è affermato in Italia, in Germania e quello stalinista in Urss. Ma con la Seconda guerra mondiale i popoli democratici che non l’avevano voluta sono riusciti a sconfiggere un nemico che sembrava invincibile e dopo la guerra la democrazia si è affermata in tutti i Paesi occidentali, in India, in Giappone e altrove.

Anche la Chiesa cattolica ha dato un contributo importante a questa affermazione, soprattutto dopo il Vaticano II. Dopo il 1989, con il crollo dei regimi comunisti in Europa, è sembrato che la democrazia fosse destinata a estendersi ovunque. A cinquant’anni dalla fine della guerra, nel 1995 Giovanni Paolo II ha così ricordato questo evento: “La fine di quel terribile flagello […] suscitava il desiderio di costruire un'Europa migliore. Il Continente poteva ricominciare a sperare in un futuro di pace e di democrazia”. Dopo la caduta del muro di Berlino e il collasso dell’Urss, infatti, Giovanni Paolo II ha sperato fortemente in un futuro di pace e di democrazia per tutto il mondo a cominciare dall’Europa, anche se ciò non significava per lui totale appiattimento sui modelli occidentali.

Ma non è andata come abbiamo sperato in tanti. Proprio a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, sono cominciati ad apparire segni sempre più evidenti di crisi della democrazia. Non immediatamente facili da decifrare, questi segni sono stati inizialmente sottovalutati. Ma oggi sono sempre più evidenti. La diffusione del fondamentalismo islamico ha rappresentato a suo modo, come ha notato Shmuel Eisenstadt, una ripresa dei modelli totalitari novecenteschi. Dalla Russia al Brasile, dalla Turchia all’India prevalgono oggi leader autoritari che si ispirano spesso a mix di fondamentalismo religioso e di populismo politico. In Europa orientale si sono affermati regimi, come quelli di Orban in Ungheria, che è poco definire illiberali: sono apertamente antidemocratici. Anche in Paesi simbolo della democrazia, come negli Stati Uniti, si sono affermate figure poco sensibili ai valori democratici o sono state compiute scelte inquietanti, come la “chiusura” del Parlamento in Gran Bretagna, culla della democrazia. In Europa occidentale, infine, stanno avanzando leader che auspicano i “pieni poteri” o forze che si richiamano più o meno direttamente all’eredità nazi-fasciata, come in Italia, Germania e Francia.

Non è più possibile chiudere gli occhi: oggi è in atto in gran parte del mondo un vasto attacco contro la democrazia. Tra gli attuali critici della democrazia non tutti, ovviamente, sono antidemocratici. Il mondo, inoltre, è profondamente cambiato rispetto a cento anni fa e molti sottolineano che i paragoni con il totalitarismo nazi-fascista sono impropri. Tutto vero. Ma è indubitabile un generale affievolimento del sentimento democratico e antitotalitario in molti ambienti, a volte anche tra i cattolici. Come sottolineano inoltre molti studiosi – da Mudde a Werner Muller, da Zanatta a Filkestein - il fenomeno populista conosce molte varianti, comprese quelle autoritarie e totalitarie. Negli ultimi decenni, abbiamo visto che molte critiche condivisibili alla democrazia e appelli a una democrazia più vera, più diretta hanno man mano lasciato spazio a posizioni sempre più radicali e pericolose. Il pericolo totalitario, insomma, è tutt’altro che astratto e lontano e l’ottantesimo anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale ci ricorda che il totalitarismo, prima o poi, porta alla guerra e a tragedie disastrose per l’umanità.
    
* docente di Storia contemporanea, facoltà di Lettere e filosofia, campus di Milano