“Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi: allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare”. Lo affermava don Primo Mazzolari in una delle innumerevoli lettere che scrisse durante la sua vita. 

È nella prospettiva del dono che il gruppo studentesco Atelier, accompagnato dal professor Domenico Simeone, ha organizzato il 20 ottobre 2018 presso la Fondazione Mazzolari di Bozzolo (Mn), sulla scia degli ultimi anni, una giornata didattica totalmente dedicata alla figura di quest’uomo, prete, scrittore e partigiano italiano. Un uomo che, come testimonia la visita fatta da Papa Francesco il 20 giugno 2017 nei luoghi di questo profeta, ha ancora molto da dire anche alla società contemporanea. 

Grazie alle parole di don Umberto Zanaboni (vicepostulatore per la Causa del servo di Dio don Primo Mazzolari) e Giancarlo Ghidorsi (segretario della Fondazione) abbiamo potuto comprendere come don Primo riusciva a guardare oltre l'orizzonte, ove finisce ai nostri occhi il tempo. Due guerre vissute in prima persona ne avevano determinato la convinzione, la determinazione e soprattutto messo a dura prova le scelte personali, l’obbedienza. Era un prete scomodo, addirittura definito disobbediente. Richiami e sanzioni da parte delle sue autorià non lo scossero, seppur ne ricevette molteplici durante il suo apostolato. 

Visse tra Cicognara e Bozzolo, piccoli centri del mantovano, dai quali riuscì a collegare il vangelo all'impegno sociale e civile, parlando di democrazia, di una fede diversa e dinamica, di un impegno politico rivolto ai giovani che desiderava ardentemente si sentissero coinvolti come protagonisti, al bisogno di incrociare culture diverse, anche tra comunisti e cattolici in una proiezione umana che dalla periferia arrivava al mondo grande, all’Italia da pochi anni unita. 

Le fede dell'azione, del rispetto, la sobrietà lo caratterizzarono e per questo motivo fu un grande predicatore, un uomo dalla voce ferma ma emotiva, un educatore emblematico, un parroco capace di farsi prossimo, un formatore di coscienze. 

Un punto di riferimento concreto, inizialmente isolato, ma evidentemente profetico. Uno spirito in un corpo irrequieto che toccò con mano temi che ancora oggi sono nella nostra attualità, ai quali ci siamo resi conto non possiamo rimanere indifferenti. 

Don Primo lo si può definire davvero un profeta, questo perché ha saputo anticipare i tempi, interrogandosi e aiutando le persone a domandarsi circa il ruolo del laicato all'interno della Chiesa, della parrocchia, aprendosi ai poveri e ai lontani. 

Poter attraversare le strade del piccolo paese che lo ha supportato, grazie alla guida di Giuseppe Valentini, ci ha permesso di comprendere davvero il luogo umile in cui ha potuto scrivere e predicare a voce alta don Primo, diventando comunque spina del fianco di una Chiesa che molti sentivano lontana. 

Per Don Primo Mazzolari, che aveva sfidato il fascismo portando tra le mani solo il Vangelo e il potere con azioni concrete e coraggiose, era giusto porsi questioni e problemi di fronte al rapporto tra religione e potere; e soprattutto sul ruolo e la responsabilità della Chiesa, rappresentata non solo dal mondo ecclesiastico ma dall’intera comunità cristiana, nella crisi della società contemporanea, tra autoritarismi, guerre, conflitti di religione o per la religione. La sua dote morale, tesa ai poveri e agli ultimi, in questo secolo confuso e violento, ci è ancora preziosa. 

E pensiamo che lo sarà ancora per molti decenni.