di Carlotta Tedesco e Sabrina D’Angelo *

I bambini del Bairro Guadalupe di Tabatinga salutano l'ItaliaArriva un momento nella vita in cui ti senti inutile, con la vista appannata, come se le lenti con cui guardare il mondo si fossero di colpo sfocate. È in quel momento che ti rendi conto di come la vita ti stia passando davanti, come la pellicola di un film, e di quanto labile sia il confine fra l’essere spettatore e il farsi attore. Noi abbiamo voluto provare a diventare protagoniste, a smuovere le nostre coscienze, a tendere una mano verso gli altri. Abbiamo peccato di presunzione: credevamo di essere pronte ad aiutare il prossimo ma siamo state noi a essere aiutate, accolte e arricchite.

Siamo partite in un caldissimo 1° di Agosto con un bagaglio (metaforico) sulle spalle pronto a essere vuotato e riempito nuovamente con mille nuove esperienze. Tabatinga è una cittadina di circa 40.000 anime nello stato di Amazonas, che fa parte del cosiddetto “triangolo amazzonico” che sfiora le terre del Brasile, della Colombia e del Perù. Al primo sguardo sembra un quadro impressionista, di quelli che devi scrutare un po’ da lontano per capirne la logica e un po’ più da vicino per apprezzarne i colori e le sfaccettature.

Abbiamo avuto la possibilità di conoscere un popolo eccezionale, che, nonostante tutto, cammina a testa alta con la dignità dipinta sul volto. Abbiamo fatto visita alle famiglie di alcuni “bairros” della città e, sebbene la lingua sia stata una barriera piuttosto alta, non è stato difficile leggere negli occhi, provati e stanchi ma sempre disposti a regalare emozioni, delle persone che abbiamo incontrato.

Festa nel carcere di Tabatinga. Carlotta (al centro) e Sabrina (a destra) insieme a suor Patriazia, suor Irene e tre detenuteIl 7 agosto, festa del “pais” (papà) in Brasile, l’abbiamo festeggiato nel carcere di Tabatinga. Quella che abbiamo contribuito a organizzare è stata un’esperienza forte ma, allo stesso tempo, una lezione di vita. Uomini e donne costretti a vivere in condizioni difficilmente definibili umane; persone che, probabilmente, hanno scelto di sfamare i propri figli infrangendo la legge piuttosto che far morire di stenti i piccoli mantenendo la fedina penale pulita. In quell’ora d’aria non abbiamo assistito e partecipato solo a una momento a base di musica, chiacchiere e pietanze, ma piuttosto a un incontro di cuori fra i detenuti e il gruppo della pastorale carceraria, formato da chi si impegna ogni giorno per dare un’altra possibilità a chi ha sbagliato e sta pagando i propri errori.

Un altro appuntamento importante della nostra esperienza in Brasile è stato quello con i bambini del bairro Guadalupe e S. Johan Batista. Oltre a svolgere la catechesi, abbiamo organizzato giochi a squadre che sono riusciti a strappare un sorriso anche al bambino più malinconico. Dai bambini abbiamo imparato, senza retorica, che non si deve dare nulla per scontato e che ciò che conta sono i piccoli gesti, come un abbraccio o una carezza di cui questi piccoli sono affamati.

Infine abbiamo avuto la possibilità di vivere 20 giorni in casa con suor Patrizia, suor Irene e Sirlene, tre donne fantastiche che hanno donato la propria vita agli altri. Ci piacerebbe che altri studenti potessero provare quello che abbiamo vissuto perché è un’esperienza di comunità unica, che ci ha permesso di guardare gli altri e noi stesse, finalmente, con la nostra lente speciale.

* Carlotta Tedesco, 21 anni, primo anno della laurea magistrale in Management d'impresa, facoltà di Economia, sede di Milano, collegio San Luca - Barelli; Sabrina D'Angelo, 22 anni, secondo anno di Infermieristica - sede di Roma, collegio San Luca - Barelli