«Lo ricordo oggi con devozione e gratitudine infinita – come lo ricordai nella prolusione del 1939 – non solo per ciò che facemmo insieme dopo, durante la Resistenza, ma anche per rendergli questa testimonianza: egli, comunista militante, ma non marxista, da sempre, fu rispettosissimo della mia fede cattolica, pubblicamente e apertamente professata. Per questo la nostra amicizia fu piena e senza ombre; per questa sua fondamentale onestà e lealtà, io penso, Dio gli venne palesemente e miracolosamente incontro, sul limitare stesso della vita – nel febbraio del 1957 – e lo introdusse nel Regno, del quale si professava indegno con le ultime parole».
Sono le parole con cui il professor Ezio Franceschini (nella foto con la divisa degli Alpini di cui fu sottotenente), rettore dell’Università Cattolica dal 1965 al 1968 e a lungo preside della facoltà di Lettere e filosofia, ricordava il suo maestro Concetto Marchesi il 24 giugno 1976 nell’aula magna di largo Gemelli. L’amicizia con il latinista rettore dell’Università degli studi di Padova fu solida, pur nella diversità della prospettiva culturale. E si cementò nella comune impegno nella Resistenza.
«Dopo l’8 settembre 1943 – si legge nella biografia della Treccani – Franceschini si schierò contro i nazifascisti e organizzò una rete per l'espatrio in Svizzera di ebrei, prigionieri e perseguitati politici. Tra questi fu il comunista Marchesi, che lasciò Padova nel dicembre 1943. Con lui Franceschini organizzò un'attività di radio-segnalazione ai partigiani, specialmente del Veneto, per aviorifornimenti e per azioni di guerra». La rete fu chiamata Frama, dalle iniziali dei due professori.
Rievochiamo quel discorso che Franceschini pronunciò per i suoi settant’anni, passando in rassegna la sua vita, nell’ambito delle celebrazioni per il settantesimo anniversario della Liberazione. Parole di grande bellezza e di grande speranza, con le quali dava del “tu” a “sorella morte”, che varie volte vide in faccia nel corso della sua esistenza.
«Una cosa sola posso dire - affermò -. Ho odiato l’ingiustizia e l’iniquità e l’ho combattuta dovunque mi si è rivelata. Ho odiato la menzogna e l’insincerità e le ho combattute dovunque le ho trovate. Ho amato tutti. Non ho alcun nemico. Non c’è stato giorno di questa mia vita, spesso faticosa, in cui non sia stato pienamente e completamente felice. Lo dico con trepidazione e tremore: felice. Sempre».
La testimonianza di Ezio Franceschini descrive bene il rapporto che i cristiani ebbero con la Resistenza, che per molte coscienze generò una forte tensione tra la scelta di imbracciare le armi contro il male e l’esigenza di rimanere fedeli al Vangelo.
A una figura di “partigiano, cristiano, italiano” , come recita il titolo dell’iniziativa, è dedicato il convegno che si terrà in largo Gemelli mercoledì 29 aprile. Aldo Gastaldi (nella foto a destra), meglio noto come “Bisagno”, già sottotenente del XV Reggimento Genio, l’8 settembre 1943 è di pattuglia a Chiavari quando arriva la notizia dell’armistizio. Non appena viene a sapere che i tedeschi hanno occupato la caserma fa nascondere le armi agli uomini che ha con sé, poi li lascia liberi di andarsene. Lui è tra i primi a salire in montagna: forma un nucleo partigiano a Cichero e nel giro di pochi mesi diventa il comandante più amato della resistenza in Liguria.
Per conoscere la figura di questo partigiano italiano, nell’ambito del corso di Storia del mondo contemporaneo, presieduto dalla professoressa Maria Bocci, sarà presentato in anteprima nazionale il film-documentario di Marco Gandolfo, dal titolo “Bisagno”. La proiezione sarà introdotta dai saluti della professoressa Bocci, e da Daniele Bardelli, ricercatore di Storia del mondo contemporaneo. Al termine seguirà una tavola rotonda nel corso della quale il regista dialogherà con il direttore di Tgcom24 Alessandro Banfi e lo scrittore e giornalista Emilio Bonicelli.