di Clarissa Simone *

Clarissa a New YorkNew York è la città che tutti i ragazzi sognano, la città descritta in mille racconti, vista in mille film e fotografata in tantissime pubblicità che ci passano davanti tutti i giorni. Quando ho fatto domanda per la borsa di studio del Premier Scholars Program / Study Abroad, promosso da UCSC International in collaborazione con l’Istituto Toniolo, ho provato quasi per gioco: volevo mettermi alla prova, conseguire finalmente una certificazione di inglese, fare quell’esperienza all’estero che tanto agognavo e, magari, nella città che più di tutte volevo visitare. E poi c’era la Columbia University, una delle migliori università al mondo, a diretto contatto con il settore finanziario, dove i professori sono professionisti che provengono dalle più importanti società di investimento.

Ero determinata a partire: per questo motivo ce l’ho messa tutta per cercare di ottenere la borsa di studio. Per fare in modo che questo mio desiderio si realizzasse era indispensabile, come prima cosa, passare l’esame Ielts di inglese. Mi sono preparata, ho sostenuto il test e pazientemente atteso l’esito, nella speranza di ottenere il punteggio che mi avrebbe permesso di rispettare i requisiti di ammissione alla borsa e alla Columbia. Accompagnata fino alla fine dal timore di non farcela e di non avere tutte le carte in regola per New York, ho messo come prima scelta tra le possibili mete Chicago. 

Quando, dopo aver atteso i fatidici quindici giorni, è arrivato il risultato dell’esame e ho visto il punteggio di 7.5, ho subito mandato il risultato all’USCS Outgoing, incrociando le dita, e, dopo altre due settimane la sorpresa di un’email che mi comunicava l’assegnazione della borsa. Ovviamente la prima sensazione è stata di felicità e di gioia, seguita poi dalla paura di non farcela, di dover partire per una città a me sconosciuta, e soprattutto da sola. 

Le ansie e le paure che mi hanno assalito nell’attimo prima di salire sull’aereo, dopo aver salutato tutti i miei affetti più cari, sono svanite una volta atterrata mentre il taxi passava per le vie del Queens, di Brooklyn, fino ad arrivare a Manhattan. New York ti accoglie, ti fa sentire a casa, diventa una silente confidente dei tuoi pensieri e ti aiuta ad affrontare i momenti difficili. 

Avevo deciso che avrei vissuto quest’esperienza non soltanto come un’importante occasione formativa, ma volevo godermi e appropriarmi della città. Non è stato difficile ambientarsi e ben presto mi sono “innamorata” dei suoi quartieri: Soho, con la sua esclusività, Chelsea, dove di domenica l’High Line ti permette di fare una passeggiata alternativa, e Brooklyn, dove trascorrevo il sabato mattina vagando per le sue vie e assaggiando il cibo di strada proveniente da tutto il mondo a Brooklyn Heights. Ho tifato i Nets durante una partita dell’Nba, ho applaudito i concerti Jazz e mi sono emozionata sentendo gli stupendi cori Gospel di Harlem. 

Ma non può passare in secondo piano l’offerta della Columbia, che puoi toccare con mano nel momento in cui inizi a frequentare e a entrare in contatto col sistema universitario americano. Le lezioni sono stimolanti: ti danno la possibilità di mettere in pratica tutte le nozioni che hai appreso nel corso degli anni, ti permettono di sfidare te stesso e, con impegno, di raggiungere i risultati sperati. 

Le opportunità che la Columbia ti offre sono davvero uniche: a una settimana dal mio arrivo a New York è arrivata agli studenti del Business Certificate Program una mail per il reclutamento di un assistente al corso di Introduction to Finance; si richiedeva il possesso di competenze in ambito matematico e finanziario. Ho deciso di mandare il curriculum: in fondo l’impegno complessivo era di dieci ore alla settimana (che poi si sono dimostrate un po’ di più), che mi avrebbero permesso di guadagnare qualcosa e soprattutto di arricchire il mio bagaglio di esperienza. Dopo un primo screening dei curricula, un colloquio telefonico conoscitivo con il professore incaricato del corso e un successivo colloquio face to face, sono stata selezionata: lui stesso mi ha poi confessato di avermi scelta in quanto italiana. È stata un’esperienza unica, anche se durante le prime settimane di lezione mi sentivo in soggezione, dal momento che gli studenti che dovevo valutare erano più grandi di me e avevano già maturato esperienze lavorative. 

Con determinazione sono riuscita a conciliare tutto: a tenere esercitazioni in inglese, a fare le mie presentazioni al corso di marketing, a valutare una società come la Nike e costruire un portafoglio di investimento e a portare a termine i vari progetti che ogni settimana venivano assegnati. 

Ho conseguito il Business Certificate con un voto finale che mai alla partenza mi sarei aspettata e posso dire di aver vissuto un’esperienza unica, che porterò sempre con me negli anni. Posso dire di aver arricchito me stessa, avendo l’opportunità di confrontarmi con realtà e persone profondamente diverse che mi hanno spesso messo alla prova, e avendo la possibilità di creare, nel mio piccolo, un network e un legame con la realtà newyorkese: per l’elaborazione della mia tesi ho potuto contattare telefonicamente al mio ritorno uno dei practitioner che si era occupato del progetto finale per il corso di derivati, che mi ha dato preziosi consigli e mi ha inviato alcuni paper sull’argomento da me affrontato.

* 23 anni, di Alessandria, facoltà di Economia, sede di Milano