di Pierpaolo Triani *

Tutti noi (forse è meglio dire quasi tutti) che siamo impegnati nell’insegnamento siamo alle prese con un vero ribaltamento delle nostre abitudini e delle nostre sicurezze. Impieghiamo il nostro tempo a preparare video lezione, a sistemare il materiale, a cercarne altro, a incontrare gli studenti online. Non lo nascondiamo, ci manca l’aula, ci manca il contatto, la possibilità di guardare negli occhi, di cogliere nello sguardo la comprensione e l’incomprensione; di assaporare la gioia del capire e l’interesse del ricercare, che si intrecciano con la noia e il disinteresse.

Tutti stiamo imparando cose nuove, stiamo acquisendo familiarità con nuovi strumenti (che in realtà, ci ricordano gli esperti, avevamo a disposizione da tempo); stiamo facendo i conti anche con i nostri limiti. Soprattutto però, forse un po' paradossalmente, tocchiamo con mano ‘il nucleo fondante’ di quello che è l’insegnamento, il senso dell’insegnare.

Non basta caricare materiali, dare indicazioni, preparare video lezioni. Avvertiamo che manca qualcosa, sentiamo dagli stessi studenti che hanno bisogno di qualcosa di diverso. Hanno bisogni di sentirsi ‘pensati’, stimolati, sollecitati; di avere la possibilità di interagire con una voce che chiarifica e rilancia; di poter fare domande dal vivo; di poter sentirsi in compagnia di altri; di poter raccontare quello che stanno facendo e vivendo. Mi sembra così che si mostri con ancora più chiarezza quello che abbiamo sempre saputo, ma che non poche volte tendiamo a dimenticare. L’insegnamento quando vuole essere autentico, cioè intende far crescere le persone, è sempre interazione tra persone, anche se mediata da un video, anche se soltanto attraverso un audio; è un andare incontro all’altro, per ‘invitarlo’, ossia per dare a lui spunti, suggestioni. 

È così sempre un camminare insieme; ancora di più: è accompagnare, anche in questi giorni di lontananza fisica forzata. Leggo negli studenti desiderio di contatto, di incontro, di adulti che sappiano ‘esserci’, anche a distanza. Leggo nel lavoro paziente di molti insegnanti, fatto adesso di costante, e a volte frenetico, utilizzo di tastiera e video (e di perdita di pazienza perché la rete cade e il sistema si blocca), il tradurre in forme nuove il senso di ogni insegnamento, il senso che rende anche oggi imprescindibili i buoni insegnanti: accompagnare i ragazzi, rispondere alla loro richiesta di un ‘incontro ‘ che apra le menti, invitarli, sempre, a stupirsi della realtà, a ricercare in profondità. 

* docente di Pedagogia alla facoltà di Scienze della formazione, campus di Piacenza