«Il problema è l’euro», «È tutta colpa delle banche!», «Per uscire dalla crisi bisogna fare le riforme», «L’Italia va male perché è poco competitiva». Quante volte abbiamo sentito affermazioni simili a quelle che si sentono al bar, tra gli amici ma anche sui maggiori organi di informazione che riportano affermazioni di uomini politici e rappresentanti istituzionali?

Sono solo alcuni dei sette luoghi comuni che il professore di Economia Monetaria dell’Università Cattolica Andrea Boitani ha provato a smentire nel suo saggio “Sette luoghi comuni sull’economia” (Laterza Editori), presentato mercoledì 17 maggio nell'ambito di un incontro promosso dal Dipartimento di Economia e finanza dell'Università Cattolica e coordinato da Domenico Delli Gatti, docente di Economia politica.

Un “libro utile” l’ha definito Giuseppe Pisauro, presidente dell’ufficio parlamentare di Bilancio, che ha criticato la vulgata che associa all’adozione di riforme strutturali proprietà benefiche tout court. «Le riforme non servono per la ripresa ma a rendere più stabile e robusta la crescita» ha chiosato Pisauro, che ha aggiunto la necessità di adottare riforme giuste, facendo l’esempio dell’evasione fiscale, spesso presentata come un problema etico ma che è in realtà una questione da affrontare in chiave economica per fare emergere settori altrimenti destinati a scomparire.

Di opinione simile il professor Marco Lossani, che ha lodato l’opera di Boitani definendola «non semplicemente un libro sui luoghi comuni ma un libro sul metodo». Il professore di Economia dei mercati emergenti ha sottolineato come sia necessario, prima di parlare o scrivere di economia, «conoscere accuratamente i modelli di studio. Per questo il libro del professor Boitani sembra quasi un suggerimento a politici e policy makers».

Ma il volume ha un secondo pregio, a giudizio di Lossani: «È un’agenda per tornare a crescere, che pone in primo piano la necessità di fare delle riforme». Il riferimento però non è alle misure “strutturali” quanto a settori spesso lasciati in disparte: giustizia, educazione, lotta alla corruzione e alla criminalità.

Da cosa è nata la necessità di decostruire questi luoghi comuni? Il professor Boitani ha una risposta estremamente semplice a questa domanda: a muoverlo è stato «il fastidio per il basso livello della discussione pubblica, in cui l’ideologismo prevale e la povertà di argomenti la fa da padrone». Dalla sua prospettiva “semplicemente keynesiana”, dunque, Andrea Boitani si è detto preoccupato per quanto un dibattito pubblico in materia economia gravemente impoverito abbia influenzato le scelte dei decisori. Ad alcuni dati incontrovertibili come la scarsa credibilità del nostro Paese a livello internazionale, la crisi e la necessità di riforme del sistema sono state date risposte sbagliate o insufficienti. Tanto dai governi tecnici che da quelli politici.