La seconda edizione di “Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro” realizzata da Valore D, in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano, ha coinvolto quest’anno anche gli uomini, ed ha raddoppiato il numero di aziende (36) e di lavoratori coinvolti (oltre 13mila). 

Dalla ricerca emerge che quasi la metà delle persone (45,7%) danno molto sul lavoro, ma vivono momenti di difficoltà, una popolazione aziendale identificata come Talenti Attivi ma in Difficoltà. In effetti la ricerca mostra che si tratta di un periodo di vita complesso: la grande maggioranza tra gli intervistati dichiara di aver vissuto negli ultimi anni cambiamenti che hanno rivoluzionato l’assetto di vita (63,6%). 

Questa ricerca è nata proprio per capire le sfide, le aspettative, gli ostacoli e le opportunità che caratterizzano gli over50. L’altro obiettivo – non meno importate – dello studio è di fornire alle aziende indicazioni operative per anticipare e gestire l’invecchiamento della forza lavoro. Dai dati emerge infatti che le organizzazioni possono fare molto per conservare i propri talenti attivi nel tempo. In particolare un’identità organizzativa coerente, frequenti scambi intergenerazionali e l’autonomia nello svolgimento del proprio lavoro favoriscono fino a tre volte in più la probabilità di essere un talento attivo. Le aziende che lavorano sugli stereotipi legati all’età inoltre aumentano significativamente (del 57%) la probabilità di avere nell’organizzazione collaboratori over50 che rientrano nel profilo dei talenti attivi. 

Le analisi condotte hanno evidenziato 3 tipologie di lavoratori over 50: i Talenti Attivi in cui rientra il 30,9% del campione sono coloro che hanno un livello alto di potenziale lavorativo, hanno elevati livelli di performance e sono realizzati da un punto di vista personale; i Talenti Attivi ma in Difficoltà, quasi la metà del campione (45,7%), sono lavoratori che danno  molto sul lavoro anche se risultano meno performanti dei Talenti Attivi e riportano punteggi inferiori di realizzazione di vita personale. Infine i Talenti Smarriti (23,4%) mostrano i livelli più bassi di performance e di realizzazione personale.

Un approfondimento importante di questo studio è stato inoltre relativo alle transizioni degli over50 che risultano invisibili alle organizzazioni, ma che incidono significativamente sul potenziale di questi lavoratori. Un lavoratore over 50 su tre ha affrontato negli ultimi anni un evento negativo (malattia propria o di cari, separazioni, lutti, cambiamenti lavorativi, ecc.) che ha peggiorato la sua vita. Da notare che le risorse aziendali in questi importanti momenti di cambiamento si attivano più facilmente per coloro che hanno un cambiamento di vita positivo e meno facilmente per coloro che affrontano un cambiamento critico. Le aziende sono quindi ancora fortemente impreparate a saper leggere e trattare momenti di questo tipo che risultano però cruciali per le strategie di ingaggio degli over50 al lavoro: aumenta la probabilità di rimanere attivi quando aumenta il numero di figure aziendali che offrono sostegno durante questi momenti di transizione e quando le persone hanno la possibilità di avere un periodo di tempo per occuparsi dei cambiamenti che devono affrontare, allentando un po’ il ritmo sugli impegni lavorativi.

«In un Paese che fa pochi figli e che invecchia sempre di più, i cinquantenni sono i ‘nuovi giovani’ con in più l’esperienza. Ma questo cambiamento non è stato ancora codificato a livello organizzativo, così gli over50 sono spesso ‘tagliati fuori’ dalle nuove sfide ed opportunità del mondo del lavoro, e non riescono ad esprimere tutto il loro potenziale. Sono molto soddisfatta - ha spiegato Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D - che con l’Università Cattolica abbiamo ampliato e aggiornato la ricerca “Talenti senza Età”, ascoltando anche gli uomini, per fornire alle aziende spunti e strumenti per conoscere meglio, ingaggiare e continuare a valorizzare il contributo e il potenziale di tanti lavoratori che rappresentano una crescente quota della popolazione attiva e produttiva». 

«Fare ricerca sui lavoratori over50 in Italia è importante per diverse ragioni. In primo luogo perché il futuro delle organizzazioni è soprattutto over50. Inoltre sappiamo ben poco dell’impegno, della motivazione e della performance di questi lavoratori, anzi molto spesso il talento dopo i 50 anni rimane invisibile, seppellito da tanti stereotipi sull’invecchiamento. Infine un’accurata comprensione della realtà di vita e di lavoro che caratterizza questa generazione è indispensabile per poter intervenire più efficacemente sugli ambienti di lavoro. Talenti senza età 2019 è certamente tra i primi progetti in Italia in grado di fornire risposte affidabili a molti quesiti. - ha spiegato la prof.ssa Claudia Manzi, del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica che ha curato la direzione scientifica del progetto. Un ringraziamento speciale va a tutti i Talenti senza età che con generosità ed entusiasmo si sono raccontati. La loro generosa condivisione ha reso possibile la riuscita di questo lavoro di ricerca».