Lo scorso 7 marzo il professore Marco Leonardi è stato ospite di “Let’s Book”, il ciclo di incontri con l’autore promosso dal Servizio Comunicazione, Stampa e Media della Cattolica di Piacenza, per discutere del suo ultimo libro “Le riforme dimezzate” in un confronto aperto con i proff. Barbara Barabaschi, Maurizio Baussola, Chiara Mussida, Francesco Timpano e Pietro Antonio Varesi, docenti della Facoltà di Economia e Giurisprudenza che sono intervenuti sul tema discutendone con l’autore.

Dopo tre anni e mezzo vissuti a Palazzo Chigi, con i governi guidati da Matteo Renzi prima e da Paolo Gentiloni poi, come Consigliere economico della Presidenza del Consiglio, Leonardi ha definito il libro un resoconto dettagliato della sua esperienza nelle istituzioni, durante la quale si è occupato in prima persona della genesi e dell’implementazione di riforme e interventi legislativi,  tra i quali Jobs Act, Reddito di Inclusione e l’anticipo pensionistico.

“Il libro si struttura in quattro capitoli, uno per ognuna delle principali aree su cui ho lavorato – commenta l’autore - il mercato del lavoro e il Jobs Act, la questione salariale, le pensioni e il contrasto alla povertà. Fare marcia indietro su queste riforme sarebbe una scelta costosa e iniqua."

La riflessione si è poi spostata sul tema della povertà, in particolare sul provvedimento al quale ha lavorato, cioè il Reddito di Inclusione, (disegnato dal governo Renzi e varato dal governo Gentiloni nel 2017): Leonardi ha difeso questo strumento, che per lui andrebbe esteso ad una platea più ampia, piuttosto che utilizzare il reddito di cittadinanza che a parere dell’economista non è stato definito in tempi ragionevoli per essere implementato in modo efficiente, e potrebbe non risultare efficace per contrastare il fenomeno della povertà.

Rivolgendosi ad una numerosa platea per la maggior parte di studenti, Leonardi ha poi spiegato che il vero ostacolo per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è senza alcun dubbio il costo del lavoro stesso, mentre sul tema del salario minimo ha affermato: “Non sono pregiudizialmente contrario, il problema è che il diavolo sta nei dettagli, si rischia di fare un altro disastro, perché in un paese che vive di contratti nazionali collettivi e che contemporaneamente si è dotato di un reddito di cittadinanza, il pericolo è quello di spostare il mercato del lavoro tutto verso l’alto, costringendo le aziende ad uscire dai contratti nazionali, o diminuire le ore ai lavoratori, o anche alimentando il nero”.

L’autore ha poi concluso sostenendo che “La strada di un governo e dello Stato, di solito non è quella di aumentare i salari per legge perché si rischia di produrre l’effetto paradossale di abbassarli. Quello che si può fare è diminuire la tassazione, ovvero il cuneo fiscale che tutti pagano sul lavoro, aziende e dipendenti. In tutti i paesi si è intervenuto così sui salari”.