Sempre più integrati e stanziali, nonostante la crisi occupazionale che continua  a riguardare egualmente i cittadini stranieri come gli italiani. È la fotografia scattata dal seminario Migrazioni: cambiamenti in atto e nuovi scenari, tenutosi lo scorso 22 marzo nella sede dell’Università Cattolica, e promosso dall’Ateneo e dal Centro di Iniziative e Ricerche sulle Migrazioni Brescia (Cirmib), in collaborazione con Fondazione Ismu e con la Congrega della Carità Apostolica.

Le dinamiche del fenomeno migratorio in Italia e in Europa mettono in evidenza significative novità a causa sia dei perduranti effetti che la crisi economica ha sul mercato del lavoro, sia dei cambiamenti geo-politici e dei conflitti che investono le regioni del Medio Oriente e dell’Africa Sub-Sahariana. Se da un lato, infatti, si assiste a un massiccio aumento di migranti e richiedenti protezione internazionale che arrivano in Italia e in Europa, dall’altro si registra un radicamento della popolazione immigrata sul nostro territorio.

L’immigrazione, insomma, va man mano divenendo sempre più stanziale, e gli immigrati sempre più integrati. Dati alla mano, nel corso del seminario Vincenzo Cesaresco, Segretario Generale della Fondazione Ismu, ha illustrato come: “I permessi di soggiorno per motivi familiari abbiamo rappresentato il 40% degli ingressi nel 2014. L’Ismu stima inoltre che al 1° gennaio 2015 il numero di famiglie composte da 3-4 persone sia superiore al numero dei single (674mila contro 540mila) mentre crescono i residenti con permesso di soggiorno di lungo periodo, a conferma di un maggiore radicamento della popolazione straniera in Italia (dati aggiornati al 1° gennaio 2015 mostrano come il 57,2% dei soggiornanti non comunitari regolari detenga un permesso di lungo periodo; nel 2011 erano il 46,3%)”.

Tra i principali mutamenti in corso occorre considerare come il 2015 abbia registrato i più alto numero di migranti giunti in Europa (oltre 1 milione) e come il 2016 non sia da meno, con una media di oltre 2mila ingressi al giorno. Tuttavia, introdotto da dal delegato rettorale Mario Taccolini, il Prefetto di Brescia Valerio Valenti ha raccontato come: “La Misura di questo fenomeno complesso, ma tutto sommato affrontabile, ce la forniscono i dati. Delle 153mila persone che hanno attraversato il Mediterraneo tra il 1° gennaio e il 13 marzo, il 93% è approdato in Grecia, dove continua il massiccio afflusso di siriani e afgani provenienti dalle zone in guerra del Medio Oriente, mentre ci sono segnali di rallentamento dei flussi in arrivo in Italia nell’ultimo mese e mezzo del 2016. 100mila gli arrivi da noi, su oltre 60 milioni di abitanti, non sono un peso inesorabile”.

Si è inoltre registrato un incremento rilevante di richiedenti asilo, con 83mila richieste nel 2015, oltre un terzo in più rispetto all’anno precedente, mentre sono in calo gli ingressi non comunitari per motivi di lavoro, diminuiti dell’84% dal 2010 ad oggi sotto i colpi di una crisi economica a causa della quale l’Italia non costituisce più una destinazione attraente dal punto di vista occupazionale.

Un ulteriore punto è stato offerto da Gian Carlo Blangiardo, docente dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e Fondazione Ismu, che ha illustrato: “Occorre essere realistici nell’affrontare i cambiamenti della società, né demonizzare né esagerare le positività. Per dare risposte corrette ai problemi, ci si deve basare sul monitoraggio e sui dati scientifici. La presenza in Italia degli stranieri compensa solo fino ad un certo punto il nostro calo demografico: anche le immigrate fano sempre meno figli, poiché lavorano di più e hanno i nonni lontani. Altro questione rilevante: quasi il 90% dei bambini fino a 5 anni è nato in Italia, ma pochissimi tra i giovani si definiscono italiani”.