È terminata in questi giorni l’indagine batimetrica dei fondali iniziata nel 2018 e realizzata dalla Marina Militare e dalla facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. Studiosi e ricercatori ora avranno a disposizione dati e fotografie per una maggior tutela dell’ambiente lacustre.

Ci sono voluti quasi cento giorni per scandagliare, fotografare, raccogliere  materiali di tutto il lago di Garda. Ben 1465 miglia percorse in lungo e in largo, coprendo una superficie 371 km quadrati, da Riva del Garda al golfo di Peschiera. Ora il lago più grande d’Italia ha una batimetria dei suoi fondali - mai visti fino ad ora per la qualità e i dettagli delle immagini - che servirà a garantire una maggior sicurezza di navigazione e ad affrontare le problematiche legate ai cambiamenti climatici e a una maggior tutela dell’ambiente lacustre.

 È questo il frutto dell’accordo di collaborazione tra l’Istituto Idrografico della Marina e l’Università Cattolica del Sacro Cuore - facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali nell’ambito del progetto “Accurate Climate Change Unified Risk Assessment for Territoryand Environment in sub-alpine lakes (ACCURATE)” per lo studio e ricerca scientifica dei laghi subalpini. Durante la campagna che è iniziata nel 2018  e che si è conclusa in questi giorni è stata sviluppata un’analisi modellico-numerica della morfologia dei fondali ed è stato aggiornato il database batimetrico dell’Istituto Idrografico della Marina. Alcuni di questi dettagli serviranno anche per ricostruire con precisione la storia geologica della formazione del lago di Garda; ben evidente dalle immagini ad esempio la faglia tra Sirmione e Punta San Vigilio. Un primo studio è già stato realizzato per capire dove vanno a defluire le acque portate dal canale scolmatore Adige-Garda come è accaduto a marzo di quest’anno.

Prima di lasciare il lago di Garda, la spedizione guidata dal sottotenente di vascello Roberto Aleo, è stata raggiunta dal contrammiraglio Massimiliano Nannini, in capo all’Istituto idrografico di Genova da pochi mesi, che ha incontrato a Lazise il preside prof. Maurizio Paolini e il prof. Alfredo Marzocchi.
“Una collaborazione fruttuosa che ora lascia spazio a nuove prospettive di studio e di ricerca – ha commentato Nannini, complimentandosi con il team idrografico. Questa fotografia così precisa grazie alla strumentazione in dotazione alla Marina e mai svolta su un lago, verrà messa a disposizione delle comunità che popolano questo territorio e sarà il punto di partenza di nuove indagini per prevenire o arginare catastrofi naturali, ma anche per sviluppare aspetti legati al settore economico e turistico.”  Un punto di arrivo quindi, ma anche di partenza per nuove collaborazioni che “andremo presto a definire – ha annunciato il preside Paolini, pensando già di mettere all’opera dottorandi e ricercatori abili con algoritmi e strutture dati.” 

“Questi dati consentiranno di realizzare una simulazione accurata del moto delle acque del bacino del lago di Garda, influenzato dalle montagne medio/alte o morene che lo circondano, dalla temperatura, pressione e umidità dell’aria. L’inerzia termica dell’acqua è responsabile di fattori di mitigazione che consentono a specie viventi di sopravvivere in un ambiente altrimenti ostile (si pensi alla coltivazione dell’ulivo). La temperatura dell’acqua può diventare cruciale in caso di eventi avversi quali la proliferazione delle alghe o la dispersione di inquinanti. Per questo è importante conoscere il moto delle acque che è uno dei motori fondamentali per l’influenza del clima e dei suoi cambiamenti” ha concluso Paolini.