Dalle frontiere della vita alla rapida evoluzione della scienza e della tecnica. È intrecciato a questi temi il quarto di secolo di storia della Pontificia Accademia per la vita, istituita da san Giovanni Paolo II nel 1994 per monitorare in modo più strutturato e organico la profondità e la rapidità dei cambiamenti nel campo biomedico. A ripercorrere le tappe salienti di un lungo percorso di riflessione e di dibattito culturale è intervenuto in largo Gemelli il presidente dell’Accademia monsignor Vincenzo Paglia (a sinistra nella foto).

In principio si era occupata dei temi relativi all’inizio della vita. Poi si è confrontata con le nuove problematiche del prosieguo della vita e oggi affronta i cambiamenti imposti dalla scienza e dalla tecnica. Non sono abbandonati i temi classici della bioetica ma vengono allargati alle nuove prospettive culturali, tecniche e scientifiche.

Proprio perché la globalizzazione esige un confronto con il mondo, il Papa desidera che l’Accademia sia “più luogo di incontro e di dialogo competente e rispettoso, tra esperti provenienti anche da altre tradizioni religiose e sostenitori di visioni del mondo con cui è importante confrontarsi per avere una più ampia visione”.

Come il clima e l’ambiente possono distruggere il pianeta, anche la crisi dell’umano può distruggere l’uomo. Per questo è importante superare il divorzio tra l’io e il noi, la cui consumazione è causa di divisioni e disuguaglianze. Pertanto è richiesta all’Accademia una nuova elaborazione culturale caratterizzata da audacia e creatività. 

«I processi della globalizzazione collegano strettamente le questioni che riguardano la vita e la salute alle condizioni sociali e ambientali» ha affermato monsignor Paglia. «Quindi mettono in gioco la pratica della giustizia. Data la pluralità di culture e di saperi scientifici che interagiscono sempre più nel nostro mondo, occorre elaborare criteri operativi universalmente condivisibili». 

«Un ambito sul quale l’Accademia sta operando è quello delle tecnologie definite “emergenti e convergenti” - ha detto ancora mons. Paglia - cioè le nanotecnologie, le biotecnologie, le tecnologie dell’informazione e le scienze cognitive, in particolare affrontando nel 2020 il tema della cosiddetta intelligenza artificiale».

Con monsignor Paglia si è confrontato il professor Adriano Pessina (a destra nella foto)del Comitato direttivo della Pontificia Accademia per la vita e docente di Filosofia morale, che ha evidenziato la nuova visione di un umanesimo fraterno e solidale del documento papale. «Il Papa esorta la bioetica ad assumere una prospettiva globale per affrontare con le categorie di un nuovo umanesimo le complesse questioni che lo stesso agire umano solleva nella storia degli individui e dei popoli. Si tratta di un nuovo impegno pratico e teorico se si vuole realizzare la promessa della fraternità annunciata dall’epoca moderna».

Il concetto di fraternità è stato ripreso anche dall’Assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori (al centro nella foto). «Rappresenta il cuore del testo papale ed è la categoria portante che la chiesa dà alle grandi sfide. Pertanto il tenore, l’ampiezza e la prospettiva della lettera interpella non solo l’Accademia ma tutta la comunità cristiana e la società civile. La promozione della fraternità è la nuova frontiera del cristianesimo».