Sono marmi pregiati che arrivavano dalla Grecia, dall’Africa e dall’Asia minore quelli che arredavano pavimenti e pareti delle Terme Erculee, fatte fatte erigere dall’imperatore Massimiano nel centro di Milano alla fine del III secolo e all’inizio del IV.
Un complesso sontuoso di oltre 14.000 mq che sorgeva nell’area oggi occupata da corso Europa, piazza san Babila e corso Vittorio Emanuele.

Dopo i primi nell’Ottocento, diversi scavi a partire dalla seconda metà del Novecento ad oggi hanno portato alla luce diversi reperti di questo monumento di una Milano romana ancora poco conosciuta, che sono stati analizzati e catalogati presso il Laboratorio di Archeologia e il Dipartimento di Storia, archeologia e storia dell’arte dell’Università Cattolica con il supporto degli studenti del corso di laurea magistrale in Archeologia e storia dell’arte e della scuola di specializzazione in Beni archeologici.

Una storia che sarà raccontata giovedì 31 maggio dal professor Furio Sacchi, docente di Archeologia dell’Ateneo di largo Gemelli, nella conferenza “Quando il lusso diviene colore: i marmi delle Terme erculee di Milano. Piccoli frammenti da un grande monumento della città romana”, presso il Museo archeologico di Milano in corso Magenta 15 alle ore 17.

Il complesso si componeva di un blocco centrale formato da caldarium e tepidarium a sud, di un vasto frigidarium con grande abside e di una palestra a nord, di spogliatoi (apodyteria) a est e a ovest del frigidarium. Altri vani di minori proporzioni dovevano fungere da zone di passaggio o da aree deputate a specifiche attività. Alcuni ambienti erano decorati a mosaico, di cui alcune porzioni sono oggi conservate presso il Museo Archeologico di Corso Magenta che ospita anche un colossale torso di Ercole, e presso l’edificio dell’Ambrosiana.

E’ stato ingente l’utilizzo di marmi e pietre colorati destinati a rivestire pavimenti, pareti, vasche e bacini d’acqua oppure impiegati per la realizzazione di colonne a sottolineare l’importanza del grande edificio pubblico. I materiali provenivano da molte regioni del Mediterraneo: i marmi verdi dalla Grecia, quelli rossi dall’Egitto e quelli gialli dalla Tunisia, ed erano tra i più pregiati all’epoca. Sul costo di alcuni di questi marmi siamo informati dall’Edictum de Pretiis di Diocleziano, emanato nel 301 d.C., nello stesso periodo in cui venivano costruite le terme milanesi. Per rendere l’idea, il porfido rosso costava 250 denari per piede cubico (un piede equivaleva a circa 30 cm) e con quattro denari si compravano due carciofi.

La sontuosità di queste terme faceva concorrenza a quelle presenti in Roma, ben più importanti come dimensioni. La prima citazione letteraria di questo imponente complesso milanese fu di Decimo Magno Ausonio alla fine de IV secolo d.C, che celebrava la bellezza del quartiere termale e citava Milano come la settima città più importante del mondo allora conosciuto.

L’evento del 31 maggio vuole restituire a Milano la memoria delle sue origini e raccontare, ricorrendo a testimonianze letterarie e immagini d’epoca, la storia degli scavi archeologici e la profonda trasformazione che nel corso degli ultimi due secoli ha conosciuto “quel pezzo” di Milano, il quartiere del Pasquirolo, che si sviluppò sui resti dell’edificio romano.