L’impegno per la pace vissuto nelle istituzioni e nella diplomazia internazionale. È il caso di Dag Hammarskjöld (1905-1961), economista e diplomatico luterano svedese, dapprima presidente della Banca di Svezia, poi segretario generale delle Nazioni Unite dal 1953 fino alla sua morte avvenuta nel 1961 in Africa a causa di un incidente aereo durante una missione di pace. Per la sua attività umanitaria gli fu conferito postumo il Premio Nobel per la pace.

Guido Dotti, monaco della comunità di Bose, ha curato il volume Tracce di cammino, il diario umano e spirituale di Dag Hammarskjöld ritrovato dopo la sua morte e contenente brevi pensieri che danno l'idea della sua personalità. Ne ha parlato con gli studenti del corso seminariale di Teologia, I volti della pace. Dialogo quasi (im)possibile tra la figura biblica del Re Salomone e il Premio Nobel per la Pace Dag Hammarskjöld, tenuto dal professor Bernardino Pessani.

Pagine che, per dirla con le parole di Hammarskjöld, sono «...una sorta di libro bianco che narra i miei negoziati con me stesso e con Dio» e ne fa emergere la ricca spiritualità. Fu proprio Hammarskjöld a istituire nella sede Onu di New York una “Stanza del silenzio” da lui così spiegata: «In un palazzo tutto dedicato al lavoro e al dibattito, deve esistere una stanza dedicata al silenzio, nel senso esteriore, e alla quiete, nel senso interiore. Un luogo aperto a gente di ogni fede e privo di qualsiasi simbolo, perché è compito di chi entra riempire il vuoto con ciò che trova al centro del proprio cuore».

La sua figura in chiave spirituale fu raccontata in uno scritto anche da Giancarlo Brasca, direttore amministrativo dell’Università Cattolica negli anni Settanta.

Ancora oggi chi ha studiato il diario e il suo incarico di funzionario internazionale a favore della comunità mondiale percepisce l’attualità di un afflato spirituale che ha caratterizzato chi ha svolto compiti istituzionali a favore della pace nel mondo.

Nel suo impegno soleva affermare che «l’Onu non è a servizio delle superpotenze bensì dei Paesi più piccoli», che «merita il potere solo chi ogni giorno lo rende giusto», che «l’uomo privato deve scomparire e deve emergere il funzionario internazionale». La sua figura cristallina caratterizzata da grande rettitudine morale affascinava gli interlocutori che nutrivano ampia stima nei suoi confronti.