L’arrivo del vaccino contro il Covid-19 è alle porte. Una volta superati i controlli delle autorità regolatorie (Ema e Aifa), come ha riferito in parlamento il Ministro della Salute Roberto Speranza da gennaio dovrebbe avere inizio la somministrazione. Ma questa vittoria contro il tempo della ricerca scientifica frutto di un’alleanza internazionale senza precedenti per debellare una pandemia che tiene il mondo in ostaggio da mesi, potrebbe incontrare imprevisti ostacoli: il 43% della popolazione italiana, infatti, risulta esitante rispetto alla vaccinazione anti Covid-19, un dato in crescita rispetto a maggio, quando l’arrivo del vaccino sembrava ancora molto lontano.

 

 

È uno dei dati che emergono dal monitoraggio psicologico sull’esitanza vaccinale condotto (a partire da maggio) dall’EngageMinds HUB, il centro di ricerca dell’Università Cattolica che si occupa di psicologia dei consumi e della salute sotto la direzione della professoressa Guendalina Graffigna, illustrati in diretta sui social dell’Università Cattolica nell’incontro “Vaccino anti Covid-19. Le ragioni della scienza le preoccupazioni dei cittadini”, che ha visto gli interventi di Guendalina Graffigna, Giovanni Rezza, Direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, Stefania Boccia, docente di Igiene della Facoltà di Medicina, e Walter Ricciardi, docente di Igiene generale e applicata in Cattolica e Consigliere del Ministro della Salute nell'emergenza sanitaria (da Covid-19).

 

«Se la volontà di essere vaccinati prevarrà, allora si arriverà nel giro di un semestre a vaccinare gran parte della popolazione, naturalmente in dipendenza delle autorizzazioni e della disponibilità di vaccino - ha considerato Rezza - stiamo cercando di mantenere basso il livello di circolazione virale e questo comporta un forte impegno anche economico. È chiaro che un vaccino contro il Covid è necessario per avere una soluzione non solo transitoria contro questa pandemia».

 

Il nodo sta anche qui, dunque: solo il 57% degli italiani (6 italiani su 10) si dichiara disponibile alla vaccinazione; di positivo c’è che diminuiscono rispetto a fine settembre coloro che sono certi che non si vaccineranno (oggi 16% rispetto al 20% della precedente rilevazione), ma rimane costante la fascia degli incerti che si attesta sul 27%.

 

I più dubbiosi verso il futuro vaccino anti Covid-19 sono le donne e le fasce più giovani, mentre decisamente più intenzionati a vaccinarsi risultano essere gli over 60 (75% contro il 57% del totale). Colpisce poi che non ci siano differenze regionali in tema di esitanza vaccinale, a conferma che non è la situazione epidemiologica a determinare le percezioni di rischio Covid-19 e la conseguente motivazione a vaccinarsi, bensì fattori più propriamente soggettivi e psicologici.

 

L’atteggiamento dei giovani universitari sembra essere in controtendenza se, come illustrato dalla professoressa Boccia, dall’indagine condotta su tutti i campus della Cattolica emerge che più del 97% di loro è disposto a vaccinarsi, convinti (il 91%) il vaccino risolverà l’emergenza.

 

Come ha affermato Walter Ricciardi, “moderatamente ottimista”, pare evidente che «il vaccino è una grande conquista, ma non basterà. Occorre agire sull'analfabetismo scientifico e sull’arroganza degli anti vax. La cultura e la corretta informazione possono fare molto per cambiare l’approccio ai vaccini».

 

«Lo stato psicologico delle persone e, su un piano più culturale, la sfiducia nella scienza spiegano buona parte dell’alta esitanza vaccinale che riscontriamo, – conclude la professoressa Graffigna- si tratta di indicazioni importanti per il sistema sanitario pubblico e per i policy makers perché anche grazie a queste informazioni possono essere ben calibrate le future campagne di informazione sull’importanza della vaccinazione».