Trovare il filo rosso della propria vita per costruire un sé integrato è la motivazione alla base di ogni ricerca delle proprie origini. È un bisogno forte, che riguarda le persone adottate e che non rimanda a una mera questione di informazioni possedute o meno, ma al senso della propria identità e alla necessità di dare continuità alla propria storia. 
Se ne parla sabato 15 dicembre in un convegno intitolato “Fin dall’origine verso le origini. Pratiche innovative nell’adozione”, promosso dalla facoltà di Scienze politiche e sociali, corso di laurea in Servizio sociale, e dal centro di ricerca “Relational social work” dell’ateneo.

«Dalle indagini nazionali e internazionali emergono alcuni dati significativi. Rispetto al genere ad esempio le donne che cercano informazioni sulla birth family sono più numerose degli uomini. Inoltre si rileva che i searcher sono sia i soggetti che hanno vissuto un’esperienza adottiva meno positiva e manifestano livelli inferiori di benessere psicologico, sia gli adottati con una buona esperienza familiare che cercano per dare completezza alla propria storia» - racconta la psicologa dell’adozione della Cattolica Rosa Rosnati

In una ricerca di alcuni anni fa dell’Istituto degli Innocenti di Firenze sono state indagate le modalità operative e le procedure consolidate presso i 29 tribunali per i minorenni italiani per l’accesso alle informazioni sulla famiglia biologica da parte degli adulti adottati. 

Tra le richieste contenute nelle istanze presentate ai tribunali ci sono il desiderio di conoscere le proprie origini, la propria storia preadottiva e le ragioni dell’abbandono, e l’esistenza, l’identità e gli indirizzi di eventuali fratelli e sorelle.  

Le ricerche evidenziano che in generale a presentare domanda sono soprattutto le donne (l’età media è intorno ai 40 anni), che avviano la ricerca a seguito di transizioni di vita rilevanti quali il matrimonio o la nascita di un figlio.   
Significative a questo proposito sono le testimonianze dirette come quella di una donna che motiva così la richiesta presentata presso il Tribunale: «Avere maggiori notizie sulle mie origini e sulla mia madre naturale sarebbe per me un modo per riappropriarmi di alcuni significati importanti della mia vita; sento di avere bisogno di trovare un punto di partenza per poter poi continuare la mia vita. (…) Al di là della necessità di sapere se ci sono aspetti medici rilevanti che è opportuno che io conosca, il mio bisogno di conoscenza è dettato da un bisogno profondo di ricomporre tutti i pezzi della mia vita». 

Si tratta dunque di un desiderio profondo di ricostruire il puzzle e piuttosto diffuso. Una ricerca più recente del 2016, condotta sempre dall’Istituto degli Innocenti, che ha preso in considerazione gli adolescenti in adozione internazionale, rileva che il 41% dei 730 ragazzi interpellati ha pensato di contattare la famiglia d’origine, che il 14% di questi ha già avuto un primo contatto e la metà di questi ultimi ha utilizzato internet come strumento di avvicinamento. 

Il tema della ricerca delle origini si inserisce oggi in un dibattito giuridico molto vivace che in particolare riguarda il rispetto di due diritti, quello dell’adottato che desidera contattare i genitori biologici, e quello della madre biologica di mantenere eventualmente l’anonimato. 

Il quadro è complicato dalle vie alternative di accesso alle informazioni: internet offre virtualmente la possibilità di entrare in contatto con chiunque con semplice click solo conoscendo il nome della persona, si aprono, così, nuovi scenari relativi al contatto con la famiglia d’origine e al rispetto della privacy. 

Il percorso di conoscenza delle proprie origini e di ricomposizione della propria storia è, in sintesi, un percorso lungo, faticoso, un life long process che si snoda nel tempo e chiede di ridare e rimodellare significato alla propria storia adottiva nelle diverse fasi della vita: è in primo luogo un percorso interiore, che apre alla riconoscenza in primo luogo per il dono della vita e per tutto il bene che è derivato dall’inserimento nella nuova famiglia,  senza per questo voler tacere il male e il dolore comunque presenti: ciò che consente di guardare con un slancio generativo al futuro.

Nella foto è raffigurato il disegno di una donna adulta adottata, madre di tre figli che così ha espresso la propria esperienza di vita