Arrivano gli smart glasses, occhiali in grado di “leggere” il cervello e monitorare il nostro livello di stress e attenzione. Prodotti da una società italiana in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica, gli occhiali tecnologici si prestano a diversi ambiti, dalla ludopatia allo sport, dal management alla sicurezza sulla strada. «Indossare questi occhiali può costituire un vero e proprio allenamento per la mente e per il cervello» spiega Michela Balconi, a capo dell’Unità di Ricerca in Neuroscienze Sociali e delle Emozioni (Dipartimento di Psicologia) dell’Università Cattolica. «L’uso costante aiuta infatti ad acquisire maggior controllo in termini di attenzione, così da evitare il dispendio di energie e risorse mentali e migliorare la propria performance sul lavoro e in altre attività».

Come funzionano questi occhiali?
All’apparenza sono semplici occhiali: modelli sportivi, facilmente indossabili. Ma al loro interno, nelle bacchette e nei naselli, ci sono degli elettrodi che permettono di rilevare l’elettroencefalogramma, la misurazione dell’attività elettrica cerebrale. Mentre li indossiamo, inoltre, gli occhiali forniscono un feedback immediato tramite un’applicazione per smartphone: in questo modo il soggetto viene informato quando il suo stato di attività mentale supera certi livelli di stress. Il feedback avviene attraverso segnali acustici (il canto di uccellini, il rumore di un’onda del mare, ecc.) che aumentano di intensità e velocità (fino al frastuono) quando il livello di stress supera i parametri.

Come nasce quest’invenzione e qual è il ruolo svolto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica?
Questo strumento è stato inventato circa tre anni fa da un centro di ricerca canadese. Il prototipo canadese però era una headband, una specie di cerchietto. Una società italiana nel padovano, la Safilo, ha poi sviluppato l’idea realizzando gli occhiali e ha stipulato una convenzione scientifica con l’Università Cattolica: siamo stati infatti contattati per studiare e dimostrare il possibile utilizzo di questi occhiali. Abbiamo dunque svolto delle ricerche testando questo strumento su diverse categorie di persone (studenti universitari, manager, over 65, sportivi, etc.). Oggi i Lowdown Focus (questo il nome del modello) sono già in commercio. 

Quali sono le possibili applicazioni degli occhiali?
Non si tratta solo di uno strumento di monitoraggio, ma anche di training, di riabilitazione. L’utente viene infatti sottoposto a un vero e proprio trattamento: indossando gli occhiali 20 minuti al giorno per 3-4 settimane, è possibile sviluppare le proprie risorse attentive, che aiutano a migliorare la performance in qualsiasi campo. Qualche esempio? Abbiamo testato il prodotto in ambito sportivo, su una squadra di calcio giovanile di Serie A. Adesso una compagnia assicurativa ci ha chiesto di testarlo come strumento di prevenzione per evitare gli incidenti stradali: abbiamo dunque effettuato una ricerca su una sessantina di driver in nord Italia e abbiamo rilevato che il training effettivamente riduce il numero di violazioni, le frenate o in generale i comportamenti più impulsivi al volante. Ci sono poi anche dei benefici in ambito clinico. Nel caso delle ludopatie, dei pazienti cocainomani o affetti dalle cosiddette new addiction (le internet addiction), c’è un problema legato all’attenzione, perché l’attenzione di queste persone è rivolta soltanto a ciò che dà loro dipendenza: gli occhiali possono dunque aiutare a controllare, prevenire.

In futuro questi occhiali saranno usati da tutti? Quali sono le prospettive?
È probabile che il mercato si ampli. Non è escluso, ad esempio, che si possano prolungare i 20 minuti di utilizzo degli occhiali per ottenere ulteriori benefici. Non ci sono infatti controindicazioni nell’uso prolungato: questi occhiali non fanno altro che registrare l’attività elettrica che spontaneamente il nostro cervello produce, non c’è nulla di invasivo o di manipolativo. Attualmente, inoltre, stiamo sviluppando altri due temi: i disturbi dell’attenzione in età evolutiva e l’health aging, che riguarda quelle persone in età anziana che non sono affette da patologie e vogliono prevenire forme di decadimento cognitivo a favore di un mantenimento delle proprie performance cerebrali.