di Federica Guidotti, Rita Italiano, Asako Kuroda

«Il Mediterraneo è la nostra priorità strategica». Ma c’è modo e modo di fare valere questo principio, secondo Michele Valensise, segretario generale del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. «Quando oggi si parla di opzione militare - ha affermato nella sua lezione in Università Cattolica - l’opinione della Farnesina è molto chiara: nessuno vuole sottovalutare il peso che la componente militare può avere, tuttavia noi crediamo che occorra essere estremamente ponderati e cauti. E muoversi solo dentro parametri definiti, concreti e precisi. L’Italia mantiene un’idea di privilegio della ricerca di una soluzione politica e negoziale».

Nel suo intervento l’ambasciatore Valensise ha mostrato come sono cambiati gli equilibri mondiali nel giro di pochi anni: «Dal mondo della guerra fredda diviso in maniera minacciosa ma quasi rassicurante nel suo perpetuo equilibrio lo scenario è cambiato quasi di colpo» ha affrmato. «Tutto è diventato altro. Sono entrati i concetti di multipolarismo, di multilateralismo. Abbiamo assistito all’ascesa di Cina, India, Brasile. Un processo che è andato mettendo in discussione il ruolo dell’Europa. Noi siamo tra i Paesi che hanno fondato l’Europa. Fu il trattato di Roma, che l’anno prossimo festeggia 60 anni, ad aprire il cantiere europeo».

«Eppure oggi nominare l’Europa può essere fonte di un certo disagio vista la pericolosa distanza che si è creata tra il cittadino e le istituzioni europee». Ma il disegno europeo oggi è ancora più necessario, secondo Valensise. «Nel mondo di oggi i singoli Stati non possono permettersi di procedere in ordine sparso. Il progetto europeo merita di essere perseguito con grande determinazione. Una carta geografica che dal Maghreb arriva fino all’Afghanistan disegna una ideale cintura di instabilità».

Le migrazioni sono un’altra grande sfida di quest’epoca. «Pensiamo che occorra fare un grande lavoro a monte interessando i Paesi d’origine. Bisogna rivedere tutta l’impianto della nostra cooperazione allo sviluppo» afferma il segretario generale del ministero. «Si deve tentare di gestire questa crisi a livello nazionale ma soprattutto europeo. Rivedendo gli accordi di Dublino. Occorre considerare la redistribuzione degli oneri, il burden sharing. Politiche di graduale e ragionata redistribuzione dei rifugiati. Le resistenze ci sono e le abbiamo viste con le chiusure delle frontiere».

Secondo l’ambasciatore l’Italia ha cominciato a portare l’argomento delle migrazioni sui tavoli di Bruxelles in tempi non sospetti. Oggi è diventato un tema centrale. «Bruxelles, seppure a rilento, ha la capacità di aprire gli occhi. Anche se non bisogna aspettarsi dei colpi di scena. La quotazione del brand Italia nel mondo è molto grande. Il nostro interlocutore straniero si illumina con un sorriso quando sente dire “Italia”. Ci sono le premesse perché noi ci affermiamo sempre più brillantemente. Su questo la Farnesina sta facendo un lavoro molto mirato. A fine giugno i 193 Stati membri dell’Onu voteranno per i due seggi non permanenti del Consiglio di Sicurezza. L’Italia è candidata assieme a Olanda e Svezia. Possiamo giocarcela».