di Armando Fumagalli *

Diversi quotidiani nazionali fra cui, con molta evidenza, il Corriere della Sera, hanno dato la notizia della morte, a soli 46 anni, per la recidiva di un tumore, di Sara Melodia, che era responsabile di sviluppo di tutte le serie e i film della Lux vide. Ha forse colpito la presenza di gran parte del gotha della televisione italiana: registi come Giacomo Campiotti e Jan Michelini, attori come Raoul Bova, Elena Sofia Ricci, Daniele Liotti, Francesca Chillemi, Giusy Buscemi, Giovanni Scifoni e molti altri, insieme ovviamente a tutta la Lux vide e molti dirigenti e produttori televisivi.

Per il grande pubblico quello di Sara Melodia non era un nome conosciuto, ma in realtà milioni di italiani hanno avuto a che fare con qualche frutto del suo lavoro, se hanno visto serie come Don Matteo, Un passo dal cielo, Che Dio ci aiuti, L’isola di Pietro, Non dirlo al mio capo, Doc - Nelle tue mani e serie internazionali Rai come Guerra e pace, Anna Karenina, le tre stagioni di Medici, o su Sky la serie Diavoli

Ho conosciuto Sara quando ancora studiava Filosofia nella nostra Università alla fine degli anni ’90, ho seguito come tutor la sua tesi di laurea discussa con il professor Ruggero Eugeni, e poi ho avuto modo di collaborare con lei in questi ultimi vent’anni su diversi progetti della Lux e sul lavoro del dipartimento che dirigeva. 

Sara Melodia ha dato un’impronta molto importante alla fiction italiana di questi anni, insieme anche ad altri tre laureati in Filosofia della nostra Università - tutti poi diplomati ai nostri primi due corsi post-laurea di sceneggiatura del 2000 e 2001: Francesco Arlanch, sceneggiatore per esempio di Sant’Agostino, Anna Karenina, Medici, Doc - Nelle tue mani (ma ha all’attivo più di quaranta titoli di film e serie Tv), Luisa Cotta Ramosino (sceneggiatrice di Distretto di polizia, della serie Amazon sulla moda milanese Made in Italy, e produttrice creativa di Medici e della serie Sky Diavoli) e Mario Ruggeri (da quindici anni caposcrittore di Don Matteo e di Un passo dal cielo, nonché co-autore di Preferisco il Paradiso e di Diavoli). Tutti e tre, interessante notarlo, hanno fatto in Università Cattolica anche un dottorato, con tesi pubblicate in altrettante prestigiose collane editoriali.

Che cosa faceva Sara Melodia? Che cosa fa un “responsabile di sviluppo” o un “produttore creativo”, (come spesso firmava i progetti su cui lavorava)? Condivideva con il produttore Luca Bernabei molte decisioni fondamentali su una serie, come la scelta stessa dei progetti da sviluppare, la scelta degli sceneggiatori, dei registi e degli attori, l’impostazione di fondo da dare alla serie - quindi che cosa raccontare e come - Sara aveva una lucidità straordinaria, una capacità di lavorare sulle storie fuori dal comune e anche una grande passione per la televisione: in questo aveva veramente preso tanto da Ettore Bernabei, e dal suo impegno per una televisione che arrivasse a tutti, dai più colti ai più semplici, appassionandoli e divertendoli, ma sempre dicendo qualcosa di vero e di profondo sulla nostra condizione umana, anzitutto sul fatto che siamo figli di Dio, che c’è una Provvidenza, e che nella vita si può sempre ricominciare qualsiasi siano stati i nostri errori. 

Luca Bernabei ai funerali e su un quotidiano l’ha definita la “regina della fiction italiana” perché nell’ambiente professionale queste sue capacità erano notissime, ed era stimata e corteggiata da produttori e network. Daniele Cesarano, uno degli sceneggiatori più quotati in Italia e attualmente a capo della fiction Mediaset, l’aveva menzionata - lui pur lontanissimo culturalmente dalla sensibilità di lei - pubblicamente a un convegno di un paio di anni fa come - insieme a una collega americana - una delle due migliori produttrici che lavorano in Italia.

Sara era molto contenta di fare il lavoro che faceva, con una squadra eccezionale con cui ha costruito legami solidissimi di stima e profonda, sincera amicizia. Non è così frequente che gli amici più cari siano proprio i colleghi più stretti, in un mondo iper-competitivo e spesso individualista come quello televisivo. In questi ultimi quindici anni ha poi contribuito a far crescere e lanciare una intera generazione di nuovi sceneggiatori, story editor, produttori creativi, registi, moltissimi dei quali formatisi in Università Cattolica. E quando c’era da collaborare con l’Università non si tirava indietro, nonostante le mille urgenze di un lavoro sempre sull’orlo dell’emergenza.

Era efficacissima nel lavoro di impostazione dei progetti. Dalla riformulazione della struttura della miniserie su Coco Chanel (miniserie del 2008 che ebbe poi due nomination all’Emmy), ottenuta convincendo i coproduttori americani dopo un viaggio a Los Angeles, al lavoro con Mario Ruggeri sull’inserimento delle linee teen nelle stagioni 8 e 9 di Don Matteo, che hanno rilanciato e ringiovanito la serie, alla riformulazione di uno dei personaggi principali della prima stagione di Medici, fino alla individuazione di quali linee narrative e tematiche seguire nello sviluppo di Diavoli: di questa ultima serie era particolarmente contenta, perché si erano riusciti a trattare temi sull’intreccio tra  finanza e politica che stavano molto a cuore a Ettore Bernabei.

Ma Sara non si limitava all’impostazione: amava seguire i progetti fino alla fine. Non solo supervisionava tutte le sceneggiature (come ha ben ricordato Elena Sofia Ricci nel suo commosso saluto), ma interveniva sui montaggi, sulle musiche, sul ritmo, sui tagli delle inquadrature, fino all’ultimo dettaglio di ogni puntata da mandare in onda. Un atteggiamento molto raro nell’ambiente professionale; lo spiega molto bene Francesco Arlanch in un’intervista sul sito di Famiglia cristiana, dove dice che Sara “della fiction di cui si occupava voleva fare la miglior cosa possibile”, proprio per il suo amore per il pubblico e per il servizio pubblico che la buona televisione può fare.

Era inoltre davvero - cosa per lei fondamentale e costitutiva - una donna di profonda fede, vissuta ogni giorno, ogni momento, con straordinaria eleganza e con il sorriso sulle labbra, cosa ancora più rara in un mondo pieno di persone ciniche e di disilluse. Sapeva conquistarsi l’interlocutore con il sorriso, ma anche con una forza straordinaria che veniva da dentro e sorprendeva, in una donna che fisicamente era minutissima e poteva sembrare quasi una bambina. 

Ha chiesto di poter essere sepolta, al cimitero del Verano, accanto a Chiara Corbella Petrillo, altra madre di famiglia, a cui era molto devota. Lascia il marito Lorenzo e tre figli, l’ultimo dei quali di poco più di tre anni. Ora riposa lì, dopo una vita per noi troppo breve, ma intensissima e straordinariamente operosa. E piena di frutti, sia sul piano professionale, sia su quello dell’amore e della gioia che ha saputo seminare fra chi le è vissuto accanto, i suoi familiari e tutti quelli che hanno lavorato con lei. 

direttore del Master in International Screenwriting and Production dell'Università Cattolica