Sedie opportunamente distanziate, una platea di studenti e pubblico milanese, pop corn e caramelle come in un vero e proprio cinema all’aperto e tanta voglia di ricominciare. Il cortile d’onore di largo Gemelli è tornato a vivere come luogo della socialità con la Milano Movie Week. Il 16 settembre una serata dedicata a Federico Fellini a cento anni dalla nascita del regista e sessanta dall’uscita de La Dolce Vita, è stata l’occasione per presentare anche nel capoluogo lombardo, dopo Venezia77, lo studio a cura del Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi (CeRTA) - diretto da Massimo Scaglioni - sul caso cinematografico che accese un lungo dibattito culturale nel mondo cattolico.

Alla ricerca dell’Università Cattolica va il merito della riscoperta e dell’analisi approfondita di rari e preziosi materiali audiovisivi, come Teche Rai e Settimana Incom, tra cui l’intervista del padre Gesuita Angelo Arpa, difensore del film e vicino a Fellini, rilasciata a Sergio Zavoli per la rubrica “Nuovi Orizzonti”.

«Il caso Dolce Vita -  come ha esordito Scaglioni nella presentazione - è uno dei casi più clamorosi nell’Italia dei primi anni ‘60, ed è ancora attuale perché si presta a molteplici chiavi di lettura, politica, teologica o più propriamente culturale, come quella che coinvolse il rapporto del mondo cattolico con il cinema sulla quale abbiamo scelto di focalizzarci. I gesuiti del Centro San Fedele di Milano, difendendo strenuamente il film - prosegue Scaglioni -  hanno dato vita ad un modo nuovo di guardare alla complessità del linguaggio cinematografico, aprendo una breccia rispetto alla quale lo stesso atteggiamento della cultura cattolica nei confronti del cinema andrà a modificarsi».

Come osservato da don Davide Milani, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, che ha introdotto l’evento: «Con il caso Dolce Vita nasce la critica cattolica moderna. Questo accade con un film perché il film è uno strumento potente che va a lavorare sull’immaginario, sul simbolico, sulla vita e interpella tutte le esperienze dell’umano, tra cui quella della fede».

Don Milani ha poi ricordato l’importanza dell’esperienza culturale del Grande Schermo oggi: «La riflessione sulla nostra vita che il cinema ci propone, come il film di Fellini ci obbliga a fare, è uno strumento per una vera ripartenza, per la ripartenza dell’uomo, e prima che dell’uomo produttore, dell’uomo che pensa, dell’uomo che sogna, dell’uomo che ha un obiettivo di vita. Questo il cinema ci aiuta a fare: un film come la Dolce Vita ci provoca in questa direzione». 

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