di Alessandro Rosina *

I dati Istat appena pubblicati confermano che l’Italia si trova in una recessione demografica che si sta cronicizzando, con conseguenze di medio e lungo periodo peggiori di quella economica. Una delle obiezioni più comuni rivolte a chi si preoccupa della bassa natalità è che se la popolazione diminuisce, in un mondo che invece cresce, non sia così grave. 

Questa obiezione ha alla base elementi condivisibili ma contiene anche un errore cruciale. La diminuzione delle nascite non fa diminuire la popolazione in modo proporzionale a tutte le età, la erode dal basso. Ciò che quindi accade è che a fronte di una longevità che si estende, si riduce la consistenza delle nuove generazioni. Aumenta così il peso della popolazione più vecchia, producendo squilibri generazionali che più si allargano e più costituiscono un freno alla crescita economica e alla sostenibilità del sistema sociale. 

Tali squilibri sono arrivati a livello tale che siamo il primo paese in Europa che ha visto scendere i nuovi nati sotto il numero degli attuali ottantenni. Al primo gennaio del 2018 le persone di 80 anni erano oltre 480 mila, mentre nello stesso anno sono nati meno di 440 mila bambini. Non si tratta quindi tanto di tornar a far crescere la popolazione, ma quantomeno ridurre la continua crescita di tali squilibri che minano le basi del benessere presente e futuro del nostro paese.

Come mai la natalità italiana è scesa a livelli così bassi? Il motivo è che nel mondo di oggi, diversamente dal passato, non solo avere un figlio è una scelta, ma è anche sempre meno scontata. Se quindi il numero desiderato di figli continua a essere in media attorno a due, in carenza di condizioni adatte e politiche familiari efficaci, le scelte riproduttive rimangono in sospeso, ovvero posticipate e non pienamente realizzate. Con la conseguente crescita di persone che si fermano a un solo figlio o rinunciano del tutto.

Quello che manca all’Italia, rispetto agli altri paesi avanzati con livelli di natalità più elevati, è una specifica e continua attenzione allo sviluppo di misure integrate che sostengano e rafforzino: i progetti dei giovani di conquistare una propria autonomia e formare una propria famiglia, i progetti delle donne e delle coppie di conciliare in modo efficace il lavoro con la scelta di avere un figlio, oltre al contrasto del rischio di impoverimento delle famiglie con figli. Senza un’azione sistemica in questa direzione continueremo ad essere un paese che, assieme alla bassa fecondità, combina: alta dipendenza dei giovani dai genitori, bassa occupazione femminile, alta povertà infantile, accentuato invecchiamento della popolazione.

* docente di Demografia, facoltà di Economia, direttore del Laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico-aziendali, Università Cattolica